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Alberto Biraghi
New Thing
L'ho letto d'un fiato o quasi. Un po' infastidito dall'inizio ermetico, sono comunque riuscito a superare le prime pagine per entrare nella storia di questo
non-libro (lo sviluppo narrativo è la perfetta sceneggiatura di un film di
Abel Ferrara) che racconta i primi anni '60 della musica nera americana e non solo. Mi sono goduto le citazioni musicali, la ricostruzione della parlata jive (talmente ben fatta che mette voglia di leggere un'inesistente versione in lingua originale), le ambientazioni, le ricostruzioni delle porcate dell'FBI. Mi è invece mancata la tensione narrativa, l'emozione, il magnetismo che fanno fare a un buon libro il salto di qualità verso la letteratura.
In questo senso, i capitoli dell'uomo dei fantasmi, le riflessioni di "Trane", sono forse l'occasione sprecata da Wu Ming 1: troppo staccati dal contesto, troppo rarefatti, per emozionare davvero. Peccato, perché l'autore ha una ... tastiera (stavo per dire "penna") di gran classe. Su
IBS ho trovato altri lettori in sintonia col mio giudizio, cito "calzaider" per tutti:
«scritto molto bene, con un gran ritmo narrativo basato sui soliti piani e contropiani che si incrociano e si rincorrono "alla wu ming". perfetta e entusiasmante ricostruzione storica, sociale e musicale degli sa fine anni sessanta. ma c'è qualcosa che non va: non prende. non appassiona. peccato. un bell'esercizio si stile, ma nulla più».
Ultimo rammarico: un CD allegato con la selezione di pezzi "new thing" a cura dell'autore sarebbe una manna.
27.12.04 10:43 - sezione
libri