boh, io questa cosa di quelli che insegnano "scrittura creativa" proprio non la capisco. Penso sia impossibile insegnare a scrivere "creativamente". sì puoi dare qualche dritta, insegnare qualche artifizio retorico, qualche trucco del mestiere (cosa che si può esaurire benissimo in un paio d'ore), ma poi se uno non sa scrivere non sa scrivere e sa scrivere sa scrivere. gli viene da quello che letto, studiato, pensato, frequentato nella sua vita. E poi dalla pratica continua. Scrivere è un bisogno più che un piacere. O ce l'hai o non ce l'hai. Se lei ce l'ha son contento per lei.
insomma, secondo me non si può insegnare a scrivere. Si può imparare. Non è un paradosso. Lo impari dalla vita, da te, dalle tue scoperte, da ciò che sei. Non esiste una "tecnica" dello scrivere. Non è un sapere insegnabile. E' una pratica, come direbbe Sini, da abitare e frequentare lungamente.
Achab, come già disse qualcuno: sono completamente d'accordo a metà con te. Il discorso è lungo e complesso. E' vero che non sta nè in cielo nè in terra il fatto di insegnare a scrivere "creativamente", ma è anche vero che esistono tecniche letterarie ben precise. Senza disturbare i maestri russi di narratologia, sappiamo tutti che, per esempio, il reticolo narrativo di un giallo non può essere adoperato per descrivere una saga. Che la tecnica dell'infilzamento sia decisamente più consigliabile nei romanzi d'avventura che non nel romanzo picaresco; questa è materia che un buon corso di scrittura (ometto "creativa" volutamente) dovrebbe insegnare. Ad uso, consumo e per cultura personale di chi riceve questo insegnamento. D'altra parte gli stilemi non ce li siamo inventati noi lettori; noi lettori siamo l'ultimo appiglio dello scrittore. E diffidare dello scrittore che dice di scrivere per se stesso; di solito è una balla gigantesca. Ecco, un buon corso di scrittura dovrebbe anche insegnare anche questo: spostare l'attenzione da sè al destinatario. E non è un'operazione semplice.
Primo Levi diceva che sia le storie autentiche e vissute sia quelle impossibili e immaginarie, si trovano in una eguale condizione di opacità e di latenza rispetto alla realtà. E sono proprio la letteratura, il modo di raccontare, lo stilema che riescono a guadagnare alla realtà tanto un fatto realmente accaduto che uno inventato. Pinocchio e la Metamorfosi appartengono alla realtà, sono diventate storie vere. Ma anche le vicende realmente accadute, le storie in attesa di un testimone che le registri e tramandi, non diventano reali finchè non sono sostenute da uno stile, cioè da una forma letteraria, una struttura narrativa solida e ben piantata "nel libro".
... e secondo te queste cose sono insegnabili in un "corso", in un "master" (ah questa è parola che mi dà il mal di stomaco, non so perché...)?
Come ha detto paola ieri, per fortuna è finita l'epoca in cui si pensava che lo scrittore avesse ricevuto un dono dall'alto. Lo strutturalismo ci ha insegnato che apprendimento e comprensione di una serie di "regole" aiutano a scrivere meglio. Che poi la conoscenza tecnica noi sia sufficiente, ossia che un cazzaro resti comunque un cazzaro, corsi o non corsi, bè, questo è un altro discorso.
Pensavo che questi discorsi si facessero solo tra chitarristi.;-D
Comunque, La tecnica conta, conta.
alberto, forse tu non sei al corrente della quantità di "corsi", "master", "scuole", "accademie" dai prezzi milionari che accalappiano i giovani (che poco o niente leggono e sempre meno sarnno invogliati a leggere) grazie a nomi altisonanti come "corsi di scrittura creativa", "introduzione alla fiction", "come si scrive una scebeggiatura". Fidati alberto, conosco bene ramo e ambiente (lo dico da quasi addetto ai lavori).
E' ovvio che la tecnica conta (cazzo, sono mica così ingenuo), ma come per tutte le tecniche si impara solo e soltatno con la pratica. E qualche frequentazione. Non a scuola. E io, alberto, continuo a preferire gli scrittori con il talento calato dal cielo, se proprio devo estremizzare, agli autoruncoli contemporanei (non parlo della presciuttini che non ho ancora letto) che vanno di "tecnica" e di cesello per portarmi un prodotto "ben confezionato" che dopo cinquanta pagine mi fa rimpiangere di aver speso quei 10-15 euro.
Vai alla feltrinelli, alla fnac e guardati gli scaffali: sono pieni di librettini scritti da tredicenni isteriche che confessano le loro perversioni sessuali, con un linguaggio che va poco oltre SMS. E spesso escono da scuole di "scrittura creativa".
"Vai alla feltrinelli, alla fnac e guardati gli scaffali: sono pieni di librettini scritti da tredicenni isteriche che confessano le loro perversioni sessuali, con un linguaggio che va poco oltre SMS. E spesso escono da scuole di “scrittura creativa”."
Questo è il motivo principale per il quale leggo solo e solamente i vecchi e "pallosissimi" classici, tranne rare eccezioni: Roth, Updike, DeLillo, Pynchon e pochi altri.
cazzo, aleph, leggo le stesse cose. benché ogni tanto mi faccia incuriosire da giovani autori, ma sono rarissime le volte in cui mi capiti, sinceramente, di imbattermi in qualcosa di singificativo, che mi colpisce e mi lasci qualcosa anche dopo una decina di giorni dalla lettura (non ho disprezzato "Noi saremo tutto" di Evangelisti, ma poco più).
PS: trovo "Pastorale americana" di Roth l'ultimo grande romanzo degno di nota. E a volte vengo preso da attacchi di gastrite quando vedo gli scaffali della feltrinelli, che pure amo tanto da sempre.
Wow!! Ti dico solo che considero Roth il Dostoevskij moderno...e la sua triade (Pastorale-Ho sposato un comunista-La macchia umana) come il più grande e significativo affresco della società americana contemporanea. Grandioso. Impareggiabile.
Credo che siamo tutti d'accordo, Achab.
Senza talento non si va da nessuna parte.
Senza tecnica c'è il concreto rischio di andare alla deriva.
Ovviamente questa è una schematizzazione estrema. In mezzo c'è molto.
sì, sono d'accordo. comunque Pastorale americana è per me il migliore della trilogia. Gli altri han qualcosa di meno (anche se comunque belli). Non male anche De lillo.
A molti non è piaciuto, io l'ho trovato geniale: Rumore bianco.
Non so se siamo tutti d'accordo. Vi rusulta che uno dei grandi autori ( oltre a quelli citati anche Oz, Yehoshua...) abbia mai partecipato a un corso di scrittura creativa? E poi non è vero che scrivono tutti male quelli che mirano al soldo, prendete sir baricco. Non è che scriva proprio malissimo, è che non dice assolutamente niente. Io non so la scenggiatura ma sulla scrittura ho le idee più chaire: se leggi molto e bene e pensi molto e bene si vede. Altro che master...
Se i grandi scrittori abbiano seguito corsi di scrittura creativa non lo so. Che per molti scrittori l'insegnamento sia la seconda attività prediletta lo considero abbastanza pacifico e niente affatto per pure questioni di soldo.
Oltretutto non è detto che chi segue questi corsi aspiri o possa aspirare a chissà quali vette: e allora?
ciao
Dimenticavo, Alberto quel libro l'ho regalato a mia madre dopo che ne hai parlato. Devo ancora leggerlo io però ;)
ciao
Aleph, concordo su tutto (oltre che su Roth, un nome una garanzia, per me), e soprattutto sui danni che certe "scuole" possono fare...a fronte di alcuni insegnamenti, magari anche preziosi, creano una messe di pseudo-scrittori che riempiono inutilmente gli scaffali. Un mio illustre concittadino, pochi giorni fa, nel commentare un concorso letterario per giovani indetto nientepopodimeno che dall'azienda municipale dei trasporti, si augurava di vedere molti meno giovani scrittori e molti molti più giovani lettori...non so dargli torto.
Comunque giovani scrittori bravi esistono: Avoledo per esempio scrive divinamente, e in maniera decisamente "creativa", a mio avviso.
Per come ha chiuso "L'elenco telefonico di Atlantide" Avoledo potrebbe limitarsi a lavorare in banca e non se ne sentirebbe la mancanza.
Peccato perché il libro era divertente e godibile.
chralie e oppi, siete dei grandi.
Qualcuno ha parlato di strutturalismo. Vorrei tornare sul senso dell'insegnamento di scrittura creativa a partire dalla distinzione fra espressione e contenuto. Se un soggetto ha qualcosa da dire (contenuto) dovrà scegliere come dirlo (espressione) tenendo presente che ogni espressione ha una forma e una sostanza. Ciò significa che esprimere un contenuto in un modo invece che in un altro è significativo. Io penso che ogni bravo scrittore abbia riflettuto su tutto questo e che la scelta operata non solo sul cosa dire, ma anche sul come dirlo sia frutto di un'operazione consapevole che tenga presente per esempio anche di tutto un passato al quale la sua opera si va ad aggiungere, a un presente che si riflette nello stile o nel registro adottato e a tutta un'altra serie di fatti. Per acquisire questa consapevolezza e anche questa capacità, le vie sono molte. Prima fra tutte la lettura. Ogni buono scrittore è un ottimo lettore. Leggere è un esercizio che prepara alla scrittura. Lo è in ogni caso, ma soprattutto se il lettore è attento all'aspetto dell'espressione ed è capace di analizzare le scelte operate dallo scrittore, di capirle e di immagazzinarle. Insegnare scrittura creativa (dove l'aggettivo creativo non può che essere un'etichetta per distinguere questo tipo di scrittura da altri diversamente formalizzati come la scrittura commerciale, giuridica ecc.) vuol dire fornire strumenti per comprendere l'importanza delle scelte a livello d'espressione. Vuol dire insomma aiutare lo scrittore virtuale a prendere consapevolezza delle scelte possibili e del loro significato.
un corso di scrittura creativa potrà aiutare, fornire strumenti solo a chi è già un attento lettore, e un discreto scrittore di suo. non insegnerà mai a scrivere cretivamente a chi è una sola. E la mistificazione sta proprio in questo, che corsi di scrittura creativa (di cui pullula il presente) si presentano troppo spesso come corsi che insegnano il dono di saper scrivere.
E' come dire che un corso di regia insegna a diventare registi.
Non credo che Dostoevskji sia mai andato a un corsi di scrittura creativa.
AI corsi, nella maggior parte dei casi ci va chi vorrebbe fare un determinato mestiere (perché va di moda, perché lo ha letto sulle riviste, perché ne parla la tv) ma non ha il talento, e spera che questo corso glielo possa donare. Questa è la mistificazione di questi corsi con la quale io polemizzo. Perché oltretutto costano e spesso tanto.
E poi non ha senso decidere di voler faer "lo scrittore". Non è un mestiere che si decide di fare, come fosse fare il falegname o l'imbianchino o il giornalista. E troppo spesso oggi invece, contribuendo ad abbassare il livello culturale (in piena linea con il nostro governo), si insegna che lo scrittore è un mestiere fai da te.
Ripeto questa è la mia opinione e la mia esperienza. Faccio il copy (mestieraccio che però ha a che fare con lo scrivere "creativamente", o, almeno, doverbbe averci a che fare), nella mia breve esperienza lavorativa, ho conosciuto diverse persone che hanno sborsato un sacco di soldi per fare scuole che poi li hanno portati a non sapere scrivere nemmeno correttamente in italiano e ad avere le stesse opportunità che ho avuto io (inizio con stage non retribuito in una agenzia), senza aver speso tutti quei soldi. E poi una volta al lavoro davvero, le tecniche si imparano e in fretta. Perché sei costretto, pressato dai ritmi e dal lavoro "vero". Per mia esperienza, dico che spesso può essere meglio una buona laurea in lettere (vecchio ordinamento) o in altra materia umanistica, tanti buoni libri, tanti buoni film, tante riviste, tante opinioni personali, per diventare più creativi nella scrittura di quanto non lo si diventi seguendo un corso di "scrituttura creativa".
"Non credo che Dostoevskji sia mai andato a un corsi di scrittura creativa."
Facile cadere nei luoghi comuni. Non si sarà chiamato corso di scrittura creativa, ma sono propenso a dire, anche se non sono un biografo di Dostoevskji, che il Maestro abbia avuto a sua volta un maestro, un mentore, un esempio, qualucuno che gli abbia dato consigli utili e importanti per convogliare sui giusti binari il suo enorme talento.
E' come chiedersi se Bach o Mozart abbiano mai studiato musica. Certo che sì! Faccio questo paragone perché sono tra quelli che non vedono grandi differenze tra scrivere e suonare. Scrivere un racconto è come suonare un bel pezzo da solo, al massimo in 2 o 3. Scrivere un romanzo è come dirigere un orchestra, e chi ha mai dato uno sguardo alla partitura di un direttore d'orchestra (e ha per caso provato a scrivere un romanzo), sa di cosa parlo.
I trucchi del mestiere li si impara da qualcuno, o rubandoli a qualcuno. Non si nasce imparati...
è ovvio che i trucchi li impari da qualcuno, mi ripeto: si deve imparare la tecnica. Ma la si impara a bottega, non a scuola.
Quello che non mi va giù è che i corsi di cui sopra spesso non insegnano la tecnica. Ti imbevono di quattro luogni comuni, magari dietro lezioni tenuti da mostri sacri alla baricco che ti dicono cose che puoi trovare in qualsiasi bignami di retorica.
Non solo, ma tali corsi spesso si propongono come autentiche fucine, nelle quali entri tabula rasa e dalle quali esci imparato, novello scrittore.
La trama dei Fratelli Karamazov non te la insegna nessuno.
..Paola Presciuttini...uhm...Plinio il Vecchio (ma anche il Giovane, ne sono sicuro) non avrebbe saputo soffocare un "me cojoni"...
"Luciano", sei candidato per una menzione nella sezione "in miniera". E sei pure la dimostrazione vivente (sempre che tu "viva" davvero...) che chi ha scelto di moderare i commenti, probabilmente ha ragione. Uno che si identifica come "boh@mah.tv" in effetti non dovrebbe avere diritto di scrivere.
i commenti vanno moderati eccome. se si vuole qualtià, è inevitabile dover fare selezione e non essere democratici. Se no, si ottiene un generale volemose bene, e qualità scarsa.
al contempo però, se vuoi continuare ad avere 2.000 lettori al giorno (ed è un fior fior di risultato, fai bene a tenertelo stretto) bisogna fare i conti con tutti.
La mia personale opinione è che quando si scrivono delle cose sul web, il modo migliore per mantenere un livello "alto" è quello di avere dei contenuti già di per se autoselettivi. ti faccio un esempio: quando si parlò e si litigò su "the chosen", su Chaim Potok (davvero meraviglioso, più lo leggo e più me ne convinco), su "the believer" era già il conenuto che offrivi che di per sè escludeva tutta una fetta di persone. Così come quando parli di certi film, o di certe sfumature di politica. E' chiaro invece che se si parla di SUV, devi mettere in preventivo che la situazione sarà ben diversa. Ma prendi anche Ciclistica, lì si parla di bici ad un livello "alto", e le discussioni accerscono le conoscenze, le prospettive, le idee di ognuno. Questo è il motivo per cui trovavo a volte inutile insistere a rinfocolare la polemica sull'ambiente, sui Suv, perché era una discussione (come ti scrissi) che, dal mio punto di vista, abbassava solo i toni, scadendo in rissa da chat line, senza contribuire ad accrescere o arricchire il punto di vista di nessuno. Ma questa è una mia opinione. Per il tresto, come dire, per questo blogo parlano i risultati, davvero straordinari, che ottiene.
Un saluto
e una proposta: perché, sempre per accrescere il livello e stimolare la discussione, non inviti Paola a discutere qui. Oppure le apri uno spazio, un "sottoblog" temporaneo su one more blog (non credo sia complicatissimo)?
Achab, mi sa che hai avuto una buona idea. Anche se... per secondo ;-)
Secondo me limitarsi ad argomenti di minor interesse (in senso numerico, non assoluto) non comporta un "innalzamento del livello" bensì un aprioristico "restringimento della base", più facile da gestire, ma con minori opportunità di confronto.
Questa idea di selettività mi fa letteralmente rizzare i peli sulla nuca.
Magari ho frainteso.
hai franiteso. Dicevo solo che certi agromenti, inevitabilmente, sono destinati a chiudere la porta a molti e altri ad aprirli a tutti. era più una constatazione la mia. se ti metti a parlare di kant o di dostoevskji già di per sé crei una selezione. ma allo stesso tempo, se vuoi fare una discussione approfondita su certi argomenti, che non si chiuda in un battibecco tra prosuvvista e antisuvvista con insulti finali in stile sms, devi per forza restringere il campo. Basta sapere cosa si vuole. Non è che una cosa sia necessariamente meglio dell'altra: è solo che alcune cose si ottengono in un modo, altre in un altro.
Ricevuto.
allora, mi sono letta tutto il blog sulla scrittura creativa. Ci tengo a
precisare che i miei corsi non miliardari (portroppo per me) ma piuttosto
a buon mercato, anche troppo. Una prostituta di basso bordo. Altra cosa
che vorrei chiarire è che io provo a mettere a disposizione di chi li frequenta
soltanto alcune tecniche ( che esistono) per sciolgiere la mano direbbe
un chitarrista. L'altra cosa che tento di fare è far capire che la latteratura
merita rispetto, che non siamo i primi negli ultimi che scrivono un libro.
Raccontare una buona storia non è impossibile ma chiede almeno un pò d'attenzione
e di cura e questo non tutti quelli che aspirano a scrivere vogliono capirlo.
Ho avuto dei maestri che mi sono stati utili, e cerco di essere se non
un maestro almeno una compagna di banco secchiona.
E poi c'è il discorso sulla lettura, molti di quelli che vogliono scrivere
sono convinti che i classici non vadano letti, che basta trovare una ricetta
magica per abbindolare i lettori. Questo è un pensiero che va confutato
con forza, facendo misurare anche praticamente chi vuole scrivere con i
grandi libri, con i grandi scrittori, con i grandi temi. C'è chi lo fa da
solo, c'è invece chi ha bisogno di qualcuno che lo stimoli ad uscire da
un pressappochismo che magari rischia di soffocare un talento naturale per
il racconto non coltivato nei giusti campi, che sono sempre gli stessi.
Leggere, leggere, leggere...
Ti ringrazio per le foto e per l'affetto che mi dimostri. Spero di continuare
a fare quello che faccio con serietà senza lasciarmi sviare dai canti delle
sirene che comunque sono seducenti.
"E poi c’è il discorso sulla lettura, molti di quelli che vogliono scrivere
sono convinti che i classici non vadano letti, che basta trovare una ricetta
magica per abbindolare i lettori. Questo è un pensiero che va confutato
con forza, facendo misurare anche praticamente chi vuole scrivere con i
grandi libri, con i grandi scrittori, con i grandi temi."
Questo è quello che voglio sentire dire da un autore giovane!
Lo voglio sentir dire io, lettore, sia chiaro. Mi sa che mi comprerò il tuo libro. Del resto alberto sta facendo marketing pesante da mesi su Merdiano Zero. ;-)
ma, Achab, non mi pare di essere poi così tenero. D'altra parte, adoro le piccole case editrici, adoro chi fa scelte di vita drastiche, non potevo che appassionarmi alla storia di questi matti padovani. Ho lo stesso trasporto per e/o, che mi ha dato libri straordinari (pensa solo a Izzo...).
ti prendevo in giro
:-D
comunque, ho molto molto apprezzato l'intervento di paola. davvero inattuale e quasi retrò. quel che ci vuole oggi, per essere davvero innovativi.
come dice un mio amico certi giovani d'oggi sono troppo vecchi per leggere Mann o Pasolini.
CARO ALBERTO, OLTRE CHE PER PAOLA, SPENDEREI QUALCHE BUONA PAROLA PER LA -PIU' CHE BRAVA- GIULIA BELLONI.
CIAO
MODESTAMENTE NON CERCO GLORIA... MI HANNO APPIOPATO IL TITOLO DI "SOLISTA DEL MITRA" E NOLENTE O DOLENTE MI TOCCA TENERMELO PER TUTTA LA VITA...
SCRIVENDO LA MIA AUTOBIOGRAFIA "UNA STORIA DA DIMENTICARE" AGAR EDIZIONI--TRA IL BELLO ED IL BRUTTO, TRA IL PIACERE ED IL DOLORE HO VOLUTO DIMOSTRARE CHE SE VUOLE UNO PUO' ANCHE LASCIARE LA STRADA DEL MALE E PERCORRERE TRANQUILLAMENTE LA VIA DEL BENE...QUESTA MIA VOLONTA' DI RISORGERE MI E'VENUTA DURANTE LA MIA CARCERAZIONE NEL BRACCIO DELLA MORTE DEL CARCERE DE LA SANTE' DI PARIGI.
BISOGNA SOFFRIRE PER CAPIRE E QUANDO SI PERDE LA LIBERTA'TUTTO DIVENTA BUIO...
NON DICO ALTRO CHI MI CAPISCE SA COSA VCOGLIO ALLUDERE...PER ORA VI DICO SOLO GRAZIE PER AVERMI RICORDATO CHE ESISTO...
LUCIANO LUTRING -EX SOLISTA DEL MITRA-