Facci Ridere
di Marco Travaglio
La Rai affida un programma politico quotidiano di prima serata all’addetto stampa del presidente del Consiglio. La Rai affida le cronache del processo Dell’Utri a un nipote dell’avvocato di Dell’Utri. La Rai affida le cronache del processo Previti a un amico di Previti. La Rai accusa per mesi a reti unificate (salvo il Tg3) Prodi, Fassino, Dini e altri leader dell’opposizione di essersi spartiti una maxitangente di 450 miliardi per la Telekom Serbia prendendo per buone le fregnacce del “supertestimone Igor Marini”. La Rai oscura a reti unificate (salvo il Tg3) l’inchiesta sui 280 miliardi di frodi fiscali di Berlusconi e famiglia. La Rai accusa falsamente a reti unificate (salvo il Tg3) la Procura e il Tribunale di Milano di aver “sbianchettato” documenti giudiziari per incastrare Previti nel caso Imi-Sir e salvare i veri colpevoli. La Rai calpesta il contratto di Michele Santoro e mezza dozzina di sentenze di tribunale. E, al posto, manda in onda un tizio che usa insignificanti intercettazioni per accusare l’opposizione di collusioni col terrorismo.
Bene: qual è, a questo punto, l’informazione “criminale”? Quella dell’Unità e di Furio Colombo. Parola di Filippo Facci, già figlioccio del corrotto pluripregiudicato e latitante Bettino Craxi, poi passato in eredità alla corte del Cavaliere.
L’altra sera, copiando malamente dal diktat bulgaro del suo ultimo padrone (si dice “criminoso”, non “criminale”), l’autorevole Facci dava lezioni di giornalismo indipendente nel salotto di Otto (Giuliano Ferrara) e Mezzo (Ritanna Armeni). Lui che scrive sul Giornale che dà del “mascalzone bavoso” a Prodi. Erano con lui Antonio Polito, direttore del Riformatorio con baffetti Bialetti e basette riformiste, e alcuni giornalisti veri: Sansonetti, Leiss e Gravagnuolo. In un paese serio, a nessuno verrebbe in mente di chiedere pareri sulla libertà d’informazione a un ex ministro ed ex spia della Cia (Ferrara), all’ex portavoce di Bertinotti (Armeni) e a un ex collettore di dossier per conto di un pregiudicato (Facci). In nessun paese serio un giornale che vende 2 o 3 mila copie sarebbe ancora in edicola. E comunque il suo direttore eviterebbe di disquisire sulle vendite di un giornale concorrente che di copie ne vende trenta o venti volte tante: se le 2500 copie perse dall’Unità le avesse perse il Riformatorio, sarebbe sotto zero. Invece, dall’alto delle sue percentuali da albumina, il Polito delle Libertà accusava Colombo di essere “estraneo alla storia della sinistra”, “radical chic”, “alto-borghese”, troppo attento alla “questione morale” (parlando con pardon) e “indifferente al sociale e al movimento operaio”. Anche Berlinguer doveva essere un radicalchic altoborghese, visto che la “questione morale” la lanciò lui. Evidentemente schierarsi con la Cgil sull’articolo 18 e dedicare pagine e pagine alla crisi Fiat e alle acciaierie di Terni, come fa l’Unità, è da radical chic. Fortuna che c’è il Riformatorio, che l’articolo 18 lo vuole massacrare; ospita i contributi di De Michelis e Bobo Craxi, noti proletari delle ferriere; e organizza festini di nani e ballerine in onore di Gianfranco Fini (Riformista dell’Anno 2003) e Bruno Vespa (Riformista dell’Anno 2004): tutti idoli incontrastati delle catene di montaggio. “L’Unità – aggiunge Basetta – nasconde i fatti e censura la verità”.
Ecco finalmente smascherati i veri censori: Colombo e l’Unità. Fortuna che c’è il Riformatorio a raccontare la verità: i pubblicitari se ne sono accorti da tempo, i lettori seguiranno. Ferrara è d’accordo: “i titoli di un giornale devono riflettere la realtà” e quelli dell’ Unità non la riflettono. Parola di uno che per anni ha accusato Di Pietro di prendere tangenti da Pacini Battaglia e non era vero niente. Parola di uno che pubblica le balle sesquipedali di Jannuzzi e che, due mesi fa, dava del fallito a Caselli per via delle “assoluzioni” di Andreotti e Prinzivalli (Andreotti non è stato assolto, ma prescritto per il “reato commesso fino al 1980, e Prinzivalli non è mai stato indagato da Caselli).
La Armeni, da buona portavoce, non si capacita che un giornale non sia al servizio di un partito: “Trovo singolare – dice, sinceramente costernata - che l’Unità non abbia a che fare coi Ds. Ma non si può fare opposizione senza propaganda urlata?”. Ma sì che si può: basta accucciarsi ogni sera sulle ginocchia di Ferrara e tenergli ferma la vittima di turno, mentre lui la mena.
ecco quando Travaglio non parla di processi e di carceri e quando non si eccita al suono delle serrature e al tintinnar di manette e' VERAMENTE un gran giornalista e polemista.
giu' il cappello, stavolta!
ma polito, prima di avere quella faccia che ha, che faceva? ha mai lavorato? chi lo pagava? insomma: come fa a fare carriera uno cosi'?
limitiamoci a osservare divertiti queste nullita' di dirigenti diessini e consimili mentre si inginocchiano al potere (del denaro, dei banchieri, dei padroni del vapore e della santa romana chiesa fascista): vederli perdere sara' il solo modo per evitare la gastrite quando il Cavaliere Biscione sara' rieletto a pieni voti.
Polito era giornalista di Repubblica prima, no?
E dell'Unità agli esordi, come leggo quà:
http://www.mediamente.rai.it/home/bibliote/biografi/p/polito.htm
ciao
cosa risponde la armeni?
accusa travaglio di essere maschilista!
AH AH AH AH AH AH AH AH AH AH AH AH AH AH AH AH AH
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2005/03_Marzo/01/unita.shtml