Forza Bahamas
di Marco Travaglio
In un film d'azione americano, «Swat», si racconta la cattura di un pericoloso terrorista stramiliardario che, appena la squadra speciale della polizia gli mette le manette, comincia a offrire miliardi agli agenti se lo lasciano libero. Due si fanno convincere e gli organizzano la fuga. Ma alla fine viene preso. Ecco: vedere quel film (trasmesso l'altra sera da Sky) durante questa crisi di governo fa una strana impressione. Perché in fondo, mutatis trapiantis, la trama è la stessa. Un pericoloso stramiliardario disperato si presenta dai presunti alleati con in tasca 2.2 miliardi di euro in aggiunta a quelli che già possedeva prima, e ricorda elegantemente che «io ho un patrimonio di 20 miliardi». D'altra parte, ha sempre fatto così. Prima provava con le barzellette. Poi metteva lì un orologio d'oro, con stemma del Milan o senza. Poi evocava il suo ingente patrimonio personale ed eventualmente, a mali estremi, mostrava una foto di Previti o di Dell'Utri. A quel punto, se le mosse precedenti non funzionavano, minacciava l'interlocutore riottoso di fargli sparare o farlo sparire sulle sue televisioni. L'altro giorno, resosi conto che nemmeno lo spettro dei telekiller sortiva l'effetto sperato (anche perché, almeno in Rai, sono tutti in guardaroba a caccia di uniformi dell'Ulivo), ha minacciato di trasferirsi alle Bahamas e mandare una cartolina. Ma non c'è stato niente da fare. L'Udc, Unione dei Cadreghini, nella speranza di trovarne qualcuno in più dall'altra parte, l'ha rimasto solo con Calderoli. L'estremo sacrificio ha coinvolto, per obbedienza di partito, persino Carlo Giovanardi, il ministro Fernandel. Ha tentato una strenua, disperata difesa dell'uomo che quattro anni fa lo miracolò: «Vi imploro, fatelo almeno per Gianni Letta», ha esalato con un fil di voce genuflettendosi a terra, l'occhio languido rivolto per l'estremo saluto alla poltrona che s' allontanava per sempre. Poi ha ceduto di schianto. Ora è un uomo distrutto: sa bene che un ministero non gli capiterà mai più nella vita. E se qualcuno pensava di aver visto tutto quando uno così divenne ministro, ora la scena straziante di Giovanardi che rinuncia allo strapuntino è oltre i confini della realtà.
La risposta dello stramiliardario agli ex alleati in fuga è stata: «Vado avanti senza di voi». Stupore generale. Commentatori attoniti perché il premier non si dimette, non passa la mano a qualcun altro, non sceglie l'azzardo delle elezioni. Insomma, non mette la testa sul tagliere. Come se non lo conoscessero, come se non l'avessero visto all'opera in politica per undici anni. Come se non si sapesse perché era sceso in campo. E dire che lui non ha mai nascosto nulla a nessuno. Fin dall'inizio lo disse chiaro e tondo, ai suoi (ma anche a Biagi e a Montanelli): «Se non entro in politica, vado in galera e fallisco per debiti». La carriera politica è stata perfettamente coerente con quello che era l'unico, vero contratto con gli italiani: non andare in galera e non fallire per debiti. Contratto perfettamente rispettato. Missione compiuta, almeno finora.
Ora è commovente la meraviglia dell'inconsolabile Galli Della Loggia perchè Berlusconi in questi anni «non è riuscito a includere» nessuno dall'altro fronte: politici, intellettuali, imprenditori, «nemmeno un cuoco». Per non parlare di Ostellino, che cade dal solito pero e si duole perché Berlusconi «non è riuscito a essere la Thatcher» e non ha fatto «la rivoluzione liberale». Beata ingenuità: e perché mai uno che sta per finire in galera dovrebbe preoccuparsi di includere cuochi o pensare a Tocqueville e alla Thatcher? La Thatcher era figlia di un droghiere e non aveva processi. E pare che Tocqueville non corrompesse giudici e non avesse in casa stallieri mafiosi.
A tutti questi stupefatti osservatori sfuggono un paio di dettagli: appena il Cavalier Bellachioma dovesse lasciare Palazzo Chigi, è pronto per lui il processo in Spagna per Telecinco, congelato a suo tempo dal giudice Garzon, che però lo pensa sempre. Senza contare il processo a Milano per i diritti tv e quello a Previti che sta per finire in Corte d'appello per le mazzette al giudice che regalò la Mondadori alla Fininvest: se fosse confermata la condanna, con risarcimenti incorporati, difficilmente Cesarone si sobbarcherebbe quella sommetta (in primo grado era di 380 milioni di euro), anche perché la Mondadori non andò a lui, ma a Silvio. E poi c'è Palermo, dove Dell'Utri è stato condannato a 9 anni in tribunale per mafia: come il salva-Previti, anche il salva-Dell'Utri pare tramontato per insufficienza di alleati, e c'è il rischio che pure a Marcello torni la memoria su alcune cosette che finora aveva taciuto per carità di patria. «Eh, Silvio lo sa che se parlo io...», diceva Dell'Utri nel '93 al consulente Ezio Cartotto, che l'ha raccontato ai giudici. Se parlasse lui: questo è il problema. L'altro giorno Maria Latella, sempre bene informata sugli affari di famiglia, scriveva sul Corriere che «Dell'Utri, forse scherzando forse no, avrebbe detto agli amici di esser pronto a trasferirsi all'estero, famiglia compresa». L'indomani, al culmine del vertice-rissa, Berlusconi ha sibilato agli alleati in fuga: «Vi scriverò qualche cartolina dalle Bahamas». Un uomo off-shore fino all'ultimo, anche nel passo d'addio. Qui giace Forza Italia: (Hammamet 1994- Bahamas 2005).