Cofferati: «Faccio cose di sinistra»
Il sindaco risponde alla critiche: equità e rispetto della legge lo sono
di Andrea Carugati
«Qualcosa di sinistra? Equità e rispetto della legge sono due parole di sinistra». Sono quasi le due del pomeriggio nella piccola sala stampa di palazzo d’Accursio e il sindaco di Bologna sta parlando da un’ora del contratto integrativo dei dipendenti comunali: firmato da Guazzaloca pochi giorni prima del voto del giugno 2004, ma «senza copertura finanziaria», accusa l’ex leader Cgil.
L’attesa dei cronisti, degli inviati e delle tante telecamere (una ressa così non si vedeva dal giorno della riconquista di Bologna), però, è su tutt’altro. Non che la prima contrapposizione tra il Cofferati datore di lavoro e i sindacati non interessi. Ma ormai l’attenzione è tutta sulle bordate di Liberazione («Dopo un anno nulla da festeggiare a Bologna», titolava domenica in prima pagina il quotidiano del Prc) e sul “caso Cofferati” di cui si parla sulla stampa nazionale, con più o meno esplicite insinuazioni su una crisi di consenso del primo cittadino. Lui, però, non ci sta: «Oggi parliamo del contratto, non voglio debordare. Le critiche sono legittime, ma ne parlerò nei prossimi giorni». Solo il quesito morettiano, rivolto a D’Alema nel film Aprile, e rilanciato ieri a Cofferati da Piero Sansonetti sull’Unità, riesce a smuovere i sorrisi imperturbabili dell’ex leader Cgil: equità e rispetto della legge è la risposta. Con l’ultima delle due che, a dire il vero, ha sollevato molta insofferenza in Rifondazione, dopo che in nome della legalità sono stati eseguiti alcuni sgomberi a danno di immigrati. E dopo che il sindaco, in una lettera al Prc bolognese, ha intimato una presa di posizione «esplicita» dei bertinottiani sul rispetto della legalità e la condanna delle occupazioni, pena una collocazione fuori dal programma.
Eppure quella parola, legalità, riecheggia nella piccola sala stampa gremita all’inverosimile. E sembra già di sentire il coro di approvazione della sinistra riformista (ieri Gianfranco Pasquino sul Corriere), e la disapprovazione dei movimenti più radicali, con il leader del ‘77 bolognese, Bifo Berardi, che ieri tuonava su Liberazione: «Se sapevo che andava a finire così preferivo tenermi Guazzaloca». Cofferati quasi si pente della concessione e dice: «Dei rapporti col Prc parlerò nei prossimi giorni. Mi lasciate almeno la possibilità di decidere quando? Oggi l’argomento è un altro».
Dunque le difficoltà con i sindacati, che avevano posto la data di ieri come ultimatum per indire lo sciopero e che si sono ritrovati spiazzati dalla scelta del sindaco di parlare con una conferenza stampa. Lui, ieri, ha spiegato che questa scelta «non sostituisce la trattativa, che deve svolgersi nelle sedi naturali» e che «la città doveva sapere che è stato firmato un accordo senza copertura finanziaria». Di certo c’è che Cofferati ha scelto una strada impervia, forse possibile solo a uno con il suo passato: proporre ai sindacati di riscrivere un accordo firmato dal predecessore in zona Cesarini dieci giorni prima del voto (in condizioni «inusuali»), e sfidarli sul terreno della produttività che «prima deve essere creata e poi redistribuita». Stesso concetto per quanto ottenuto sui dipendenti delle municipalizzate privatizzate: i nuovi assunti non potranno avere il contratto dei comunali, i cuochi dei centri pasti “esternalizzati” dalla destra dovranno avere un contratto da cuochi. Ai sindacati la richiesta è netta: rinunciare ai benefit ottenuti da un Guazzaloca alla disperata ricerca di voti e sedersi di nuovo attorno a un tavolo, domani alle 17, per ripartire daccapo.
Alla città il messaggio è chiaro: Guazzaloca ha firmato un contratto senza sapere «quando, come e dove le risorse si sarebbero trovate». Resta un punto: gli accordi erano stati firmati dal Comune e ora l’ex leader Cgil chiede ai sindacati di ridiscutere 400 euro all’anno a testa per dipendente. Lui, naturalmente, condisce questa richiesta con serie di dati sui co.co.co. trasformati in tempi determinati (un centinaio compresi quelli in itinere), sulle consulenze “pesanti” calate di oltre 850mila euro in meno di un anno, e con riferimenti alla «mia vita precedente». Cgil, Cisl e Uil, dal canto loro, spiegano che le dichiarazioni del sindaco sulla «possibilità di non rispettare accordi sottoscritti in precedenza sono assai preoccupanti». Sul merito della sfida, però, e cioè il confronto su come «innovare» la macchina comunale, i sindacati si dicono «disponibili». Ed è già tanto.
Resta la spina di Rifondazione, con i vertici nazionali del partito (in primis Franco Giordano) che accusano Cofferati di «logica aziendalista e autoritaria», arrivando a minacciare a più riprese «un’uscita dalla giunta se le cose non cambieranno». Il tutto mentre il partito bolognese si trova stretto in una querelle che ha il sapore di un braccio di ferro nazionale per il programma dell’Unione, con le due torri di Prodi e ora di Cofferati prese nel mezzo. Un partito che, pur diviso da mesi sulla scelta del segretario, non avrebbe alcuna voglia di parlare di rotture insanabili. Come uscirne? «Il consenso si costruisce con pazienza, con una proposta chiara, rigore nell’attuarla, calma e coerenza con gli obiettivi indicati», dice il sindaco. Sembra il manifesto del nuovo Cofferati, quello “decisionista” che sta facendo fibrillare la paciosa (e un po’ consociativa) Bologna: ma forse è solo il Cofferati di sempre.
«Liberazione» rimanda Cofferati-sindaco
Il direttore Sansonetti: «È stato lanciato da Moretti, una cosa di sinistra dovrà pur farla. O deve dirla solo D’Alema?»
di Federica Fantozzi
Nelle tensioni tra la sinistra radicale e il sindaco di Bologna Sergio Cofferati è entrato con forza il quotidiano di Rc Liberazione. Con un’inchiesta e un editoriale del direttore Piero Sansonetti (ex editorialista dell’Unità) dal titolo senza equivoci: «Dopo un anno di giunta niente da festeggiare».
Cofferati «ha sbagliato mestiere», è autoritario, «meno minacce e più fatti». Addirittura?
«Da tempo giungevano proteste fortissime dal partito, dai movimenti, dall’intellettualità bolognese. Per qualche mese abbiamo aspettato. Poi è stato lui a portare l’affondo a Rc: o sospendete la lotta o uscite dalla giunta. Noi ci siamo limitati a registrare un malumore che va ben oltre l’area del centrosinistra».
Pupi Avati tuona contro i “commissari” romani estranei alla città, cigiellini protestano contro il loro ex capo, Milena Gabanelli lo demolisce su Io Donna. Che succede?
«A Bologna Cofferati non ha fatto nulla. Tranne, come dice Bersani, qualcosa di ordine pubblico: vietare la birra dopo le 21, all’americana. C’erano grandi speranze per il capo della primavera del 2002, quella dei girotondi e di Nanni Moretti e del no alla burocrazia. Ora ci troviamo un sindaco che non ascolta e non interloquisce con la società civile...»
Dove vuole arrivare? Cofferati è diventato di destra?
«Di destra è un po’ forte... È un sindaco moderato. Con Veltroni c’è un abisso».
Non c’entra il carattere? L’uno ha un’immagine buonista, l’altro ruvida.
«Se l’approccio ai problemi è quello autoritario, è pessimo. In città monta la delusione. Da lui ci si aspettava più che scacciare una famiglia rom da un terreno. È stato lanciato da Moretti: una cosa di sinistra dovrà pur farla. O deve dirla solo D’Alema?
Un richiamo a fin di bene insomma?
«Uno scrollone speranzoso. Dire che ha sbagliato mestiere non è un insulto: è un’analisi dei fatti. Ma ha una grande storia politica alle spalle, è stato un sindacalista di primo piano, è un uomo eclettico ed intelligente... Spero in un colpo di coda».
È la posizione del giornale o di Rc?
«Noi ci siamo mossi senza consultare nessuno. Ma partito e movimento avevano alzato la voce. E Franco Giordano ha detto cose simili, mi sembra che Rc sia schierata su queste posizioni».
Con Bertinotti vi siete sentiti?
«No».
Bersani individua vecchi rancori bertinottiani.
«Non riguardano me. Cofferati mi è simpatico, lo stimo. Ma Bologna, e più dopo lo schiaffo di Guazzaloca, è un luogo simbolico per la sinistra. E finora nessuno ha difeso il sindaco elencando le cose belle che ha fatto».
Qual è la sua analisi della vicenda?
«Cofferati ha una biografia politica complessa. Come leader Cgil è stato moderato e riformista fino a un certo punto. Negli ultimi anni è diventato più di sinistra. Fino, nel 2001, a prendere la testa dei movimenti che contestavano i Ds da sinistra. E quando era, oggettivamente, il candidato a guidare quella sorta di unificazione tra girotondi e no global, si è tirato indietro. Da allora la sua posizione è stata incomprensibile».
Ha preferito la dimensione locale a quella nazionale.
«E tutti l’abbiamo appoggiato. Salvo vederlo tornare un po’ più moderato dei suoi trascorsi sindacali. Ha tempo per correggersi...»