"Non crediamo che un atteggiamento digitale oggi sia "meno visibile" in uno scrittore. Il passaggio dalla Olivetti al word processor, che poteva dirsi compiuto all'inizio degli anni Novanta, aveva già rivoluzionato il modo di comporre un testo. La crescita della rete ha fatto il resto. La "ricorsività" della scrittura (cioè la possibilità di modificarla infinite volte senza distruggere il supporto provvisorio, "sbianchettare", cestinare etc.), la fine del "blocco da foglio vuoto", la funzione taglia-e-incolla, la rapidità con cui puoi spedire il testo ad altre persone per avere un parere, la facilità con cui si passa dal file al libro (una volta il dattiloscritto andava ricomposto su una lastra in caratteri di piombo!), la maggiore interazione tra scrittori e lettori tramite e-mail, blog, siti dedicati... Tutto questo cambia radicalmente la psicologia dello scrivere, l'approccio alla parola. Restituisce allo scrivere la sua dimensione sociale."
La ricorsività della scrittura? Il blocco da foglio vuoto? La funzione taglia-e-incolla? Ma dai...
Stranamente, in mezzo a tutta la ratatuglia filosofico-intelletual-radical-chic, i wu ming si dimenticano di citare come effettivamente il mercato del libro (= il flusso di dindini che arriva nelle loro tasche) sia danneggiato in parte trascurabile dalla libera distribuzione (il libro è un oggetto fisico irriproducibile, al contrario di musica, film che possono essere tranquillamente riprodotti dal computer. Ci piace ancora metterlo in borsa per sfogliarlo dove vogliamo, e alla fine avere in casa una bella biblioteca capiente). Non come, ad esempio, il mercato del software, che è letteralmente ammazzato dalla libera distribuzione. E' facile fare i finocchi con il c**o degli altri, probabilmente facendo il calcolo che il ritorno in pubblicità per la storia del copyleft coprirà ampiamente le perdite delle vendite.
Per "intepretare questa estetica tecnologica, orientata alla condivisione" in maniera sincera bastava fare delle edizioni economiche da 1 €...
Se non li avessimo messi scaricabili gratis, ci avreste attaccati per quel motivo, chiamandoci "incoerenti" e accusandoci di non voler perdere soldi. Sporchi capitalisti! Siccome invece li mettiamo, tocca sforzarsi di attaccarci per questo, perché facciamo quel che diciamo, e perché dimostriamo che alla fine non ci perdiamo soldi (sporchi capitalisti!) e quindi l'isteria repressiva si dimostra inutile e poco lungimirante. Dura la vita, eh? Tocca sempre sbattersi a cercare un appiglio...
Stavolta, poi, l'appiglio non l'hai nemmeno provato, dato che in quasi tutta l'intervista si parla di musica (settore quanto mai smaterializzato), non di libri, e si fanno pure gli esempi. Elio e le storie tese sono un esempio di come, facendo quello che apparentemente era un salto nel buio, si possa non solo sopravvivere ma addirittura *prosperare* sui cambiamenti tecnologici in corso.
EELST al momento non hanno una casa discografica e nemmeno la cercano: gestiscono direttamente tutto il ciclo produttivo, lo fanno on line e ai concerti, vendono il "cd brulé" a un prezzo contenuto e gliene frega poco se poi viene masterizzato cento o mille volte, l'importante è che il flusso non venga interrotto, ché tanto poi si concretizza (più gente ai concerti). Non solo: uno può presentarsi a fine gig con la sua penna USB e *scaricarsi* direttamente il file dell'esibizione. Questa è intelligenza.
Quanto al software, il copyleft (lato sensu) è nato lì, e se si fosse rivelato un fiasco antieconomico come tu dici, non sarebbe diventato un'idea-virus, un meme, qualcosa che si diffonde per contagio in tutti gli altri settori della produzione intellettuale. Tu magari ti chiedi ancora come Linus Torvalds sia diventato ricco, magari ha trovato un tesoro di pirati, come mai il 70% dei server di Internet girino su Apache etc. etc...
L'accusa di "reticenza" poi, è molto buffa, dato che l'avremo scritto e detto migliaia di volte che se si parla di narrativa il supporto cartaceo resta il migliore, e questo ci ha consentito più libertà di sperimentare e convincere gli editori nostre controparti. In altri settori è forse meno facile ma, come dimostra Elio e non soltanto lui, se uno non è stupido trova il modo.
Con argomenti anti-mercato sarebbe stato ben difficile convincere chicchessia: - Dài, facciamo così! Ci perdiamo un sacco di soldi! Sprechiamo anni di lavoro! Figata! - Noi abbiamo pensato che forse (ma dico forse) era meglio porre l'accento sul fatto che il copyleft non danneggia le vendite. Forse.
Linux è il più importante esempio di collaborazione nella storia dell'umanità. La forza straordinaria di un'idea rivoluzionaria, che io sintetizzo così: "tante persone danno un pezzettino, compatibilmente con le loro risorse, per costruire assieme un bene molto più grande della somma dei pezzi, di cui il mondo possa usufuire liberamente". Il software libero è una rivoluzione che la storia insegnerà nelle scuole.
Sul server che ospita questo blog (e se non sbaglio anche sul server dei Wu Ming) gira una solidissima distribuzione di Linux rilasciata da una società di Pisa che la mette a disposizione gratis. Il software (Movable Type 2.6) è altrettanto gratuito. Installazioni e configurazioni a cura di un paio di hacker con cui condivido il server sono costate zero. Sto scrivendo queste note da un vecchio server Dell 500 Mhz del 1999 in disuso, trasformato in workstation con Fedora (costo totale: 39 euro per scheda audio e scheda video). Sto ascoltando dell'eccellente rock messo a disposizione in Rete dagli Zizzetope.
Tutto questo senza il libero scambio semplicemente non esisterebbe. Né tu avresti potuto dire la tua, perché io un server Windoz per fare il blog non me lo compravo. Se questo è "ammazzare il mercato del software", faccio parte con orgoglio del gruppo di assassini.
Anch'io uso linux da tempo: Debian Sarge, precisamente, e mi sto sforzando di smetterla di usare prodotti MS "in prestito". Ognuno poi si sceglie la battaglia che vuole, lodevole o meno, e forse non sta a me giudicare gli intenti...
Giusto un'ultima precisazione: quando fai un programma sotto licenza GNU (un lettore MP3 come Amarok. un word processor, un programma P2P come Bit Torrent, un programma di musica come Rosengarden ecc. ecc.) effettivamente "sprechi" anche anni di lavoro senza essere pagato. E, vista l'espansione dei prodotti GNU, è evidente che molti la trovino una figata. I Torvalds i soldi li prendono dalle donazioni e dalle personalizzazioni ad hoc dei prodotti... La libera circolazione del sapere è anche questo.
Non vedo come la tua precisazione sia in contrasto con quello che ho spiegato. Donazioni, personalizzazioni, whatever... fa tutto parte della ricaduta positiva di un'innovazione compresa a fondo e di un flusso che viene assecondato con intelligenza anziché ostacolato e vilipeso con toni scandalizzati e snob ("la ratatuglia filosofico-intelletual-radical-chic" etc.). Se si è intelligenti e si capisce quali esigenze (sociali) il flusso soddisfa, l'indotto si crea, e se si rispetta il precetto "Don't be evil" (è il motto di Google, by the way), le persone non ti lasceranno a terra. Per il resto, non trovo smentite alla mia impressione iniziale: hai leggiucchiato l'intervista in fretta e furia senza preoccuparti di capirla, aspettando solo il tuo turno di scrivere per dare addosso ai "finocchi col culo degli altri". Ciao.
Non vedo come la tua precisazione sia in contrasto con quello che ho spiegato. Donazioni, personalizzazioni, whatever... fa tutto parte della ricaduta positiva di un'innovazione compresa a fondo e di un flusso che viene assecondato con intelligenza anziché ostacolato e vilipeso con toni scandalizzati e snob ("la ratatuglia filosofico-intelletual-radical-chic" etc.).
Mi dispiace essere stato inutilmente snob e magari anche offensivo (sai, a volte il caldo...). Ti assicuro che non voglio ostacolare proprio nulla, e che nel campo che mi concerne, l'ingegneria, sostengo a spada tratta l'open source. Le mie critiche nascono semplicemente da una leggera differenza di prospettiva, che proverò ad illustrarti per l'ultima volta, poi mollo, per un' evidente incapacità MIA nel farmi capire:
Io faccio scaricare i miei programmi sotto licenza GNU, tu vendi i tuoi libri in versione economica. Così, entrambi non ci guadagnamo, ma almeno facciamo circolare LIBERAMENTE le nostre "opere". Perchè, secondo la mia personalissima opinione che non vale una ceppa, il libro scaricabile da internet non è libera circolazione del sapere, non è un mezzo che funziona a dovere (mai provato a leggere un manuale intero sullo schermo?). Altrimenti, semplicemente, non mi fai tutte le menate sul copyleft e sul "nuovo che avanza", perchè se facciamo entrambi i paladini della lotta al copyright, io non guadagno niente e tu non danneggi il tuo volume di vendite, beh, mi sembri semplicemente poco credibile. Sempre per quella mia opinione personale che non conta una mazza. Poi, che la direzione sia quella giusta, questo è un dato di fatto...
Scusami tu stavolta, ma il tuo ragionamento, purtroppo, mi risulta incomprensibile, contrario al raziocinio e allo stato dei fatti.
Perché mai "danneggiare il nostro volume di vendite" dovrebbe essere un prerequisito per poter parlare di libera circolazione? Vale l'esatto opposto: se vogliamo abbattere le barriere mentali degli editori e convincerli che un atteggiamento di resistenza nei confronti della rete (del download gratuito, delle licenze creative commons e più in generale di qualunque "compromesso intelligente" tra copyright e accesso al sapere) non porta da nessuna parte e non premia, dobbiamo far leva proprio sul fatto che non è una scelta antieconomica. E infatti non lo è! Non è antieconomica, e non è nemmeno folle o "barbara" come pretendono Faletti e la dirigenza SIAE. Può essere anzi il volano di un nuovo sviluppo.
Poi, scusami, il tuo discorso sul "non si legge un libro sullo schermo" (uff.....) è non soltanto fuori fuoco, ma anche obsoleto. Mai sentito parlare di testi stampati sul retro di fogli già utilizzati? Mai sentito parlare di cartucce ricaricabili che permettono di risparmiare sul toner? Inoltre, il download gratuito è utile in tanti altri modi: per citazioni senza dover ribattere il testo, per non acquistare il libro a scatola chiusa, per consentire la lettura a non-vedenti e ipovedenti (tramite screen-reader o convertitore in braille), per far viaggiare il testo in fretta all'altro capo del mondo (abbiamo lettori che ci leggono in italiano in Cile e addirittura in Nepal!) etc. etc.
Insomma, perché sta tanto sulle balle il fatto che noi non ci perdiamo soldi? Non ce li perdi nemmeno tu, che danno ti fa il nostro download gratuito?
P.S. Mi sfugge un altro aspetto del tuo ragionamento, quello sulle edizioni economiche. Forse non te ne sei accorto, ma Q a 4 euro lo abbiamo già fatto, ne abbiamo smazzate 120.000 copie da Vipiteno a Lampedusa, e non ci abbiamo perso dei soldi, anzi, è stato una specie di "scatto di contingenza". Un piccolo mattoncino stipato di parole quasi fino all'incollatura, ai confini del leggibile. Sotto i 4 euro è impossibile scendere, per un libro di quella mole, a meno che non vuoi che ti si disintegri in mano appena lo apri (cosa che i lettori di solito non vogliono).