La Camera scarica Sgarbi e difende Urbani
Il deputato rivelò in una trasmissione tv la relazione tra l’ex ministro e l’attrice Di Benedetto
Potrebbe costare caro a Vittorio Sgarbi il suo gossip ai danni dell’ex ministro alle Attività culturali, Giuliano Urbani e dell’attrice Ida Di Benedetto. L’assemblea di Montecitorio, con 206 sì, 170 no e 49 astenuti, ha infatti dichiarato «sindacabili» le affermazioni dell’ex sottosegretario, rilasciate nel 2002 durante la trasmissione «Otto e mezzo».
In quell’occasione Sgarbi aveva collegato la sua rimozione dall’incarico al ministero alla relazione esistente tra il ministro e l’attrice ed aveva descritto la loro relazione nei più intimi particolari: «Urbani - spiegava il critico d’arte - ha trovato un’amante, la quale, sistemata ai suoi piedi, ha cominciato a fare un’operazione che non prevedeva un’apnea assoluta e che non posso dire perché siamo in una morigerata televisione. E, sollevando la testa ogni tanto, diceva “Ma fa tutto Sgarbi. Tu non fai niente”. Urbani, sentendosi punto nell’orgoglio, ha cominciato nei miei confronti una competizione personale. Io sono vittima. L’amante si chiama Ida Di Benedetto».
Il parlamentare, che ha recentemente lasciato la Cdl per avvicinarsi all’Unione, nella sua difesa alla Camera ha rincarato ulteriormente la dose, parlando senza mezzi termini di «corruzione» e citando una serie di documenti secondo i quali la Di Benedetto avrebbe ottenuto, attraverso la sua società Titania Produzioni, un finanziamento di circa 9 milioni di euro, per alcuni film da lei interpretati: «Il prezzo di ciò che, con termine tecnico, viene denominato fellatio, oscilla tra 15 e 30 euro - ha argomentato Sgarbi - Non esiste che venga pagato 9 milioni di euro. Siamo davanti a una straordinaria vicenda di corruzione di un ministro della Repubblica».
Ma le accuse rivolte all’ex ministro non hanno però salvato Vittorio Sgarbi: per Aurelio Gironda Veraldi, di An, relatore alla giunta per le autorizzazioni, «le sue affermazioni sono di pesantezza inusuale, certamente al di fuori dell’ambito consentito nelle sedi parlamentari». Opinione condivisa anche dal diessino Kessler, che ha parlato di «insulti che nulla hanno a che fare con l’attività parlamentare». em. is.