Ci coglie di sorpresa la morte di SERGIO ENDRIGO, appena annunciata al
telegiornale.
Ho sentito l’urlo di belve
In gabbia e in catena
E il passero in cerca di pane
Il silenzio della prigione
E il grido degli ospedali
Chi nasce e chi muore
Ho sentito la voce dell’uomo
Che canta per fame
Per rabbia ed amore
La voce dell’uomo
Quando canta io l’ascolto.
Sul sito ufficiale, le date di nascita e morte: "1933-2005". Sotto, la
sua firma. La home page diventa un biglietto d'addio, ma lieve, poco più
di un post-it, qualcosa che s'appiccica alla porta e poi giù per le
scale di corsa, giacca sulle spalle, qualcuno che ti aspetta sul portone
e via si va, ché la sera riserva sorprese.
La figlia Claudia ha detto che non ci saranno funerali: "Non siamo
credenti." Semplice, incontestabile, non-rompicoglionabile, niente
zavorre né fronzoli.
Ho sentito fanfare di guerra
E passi in cadenza
Per le strade imbandierate
Le canzoni dei soldati
Di trionfo di dolore
Chi vince e chi perde
Ho sentito la voce dell’uomo
Anche quando è violenta
E uccide il fratello
La voce dell’uomo
Quando parlo mi risponde.
Stava scrivendo ancora, pare. Col suo romanzo era riemerso dall'oblio.
Risalire il crepaccio arrampicandosi a unghiate.
Sul penultimo "Nandropausa", WM1 aveva recensito "Quanto mi dai se mi
sparo", una recensione in forma di racconto, e il testo l'avevano
ripreso qui e là per la rete col titolo "Mitopoiesi di Sergio Endrigo".
Le ultime righe invitavano a occuparsi di lui. Nel tempo che è seguito
alcuni hanno raccolto l'invito, scrivendo a loro volta o riprendendo
quell'espressione, "sbalzarne la figura su lastre d'oro" etc. etc.
È più forte della tortura
E dell’ingiustizia
Delle fabbriche e dei tribunali
Più forte del mare e del tuono
Più forte del terrore
Più forte del male
È più forte la voce dell’uomo
Più forte del vento
Della vita e del tempo
La voce dell'uomo
Quando chiama gli rispondo.
Qualche tempo dopo, una nostra amica l'ha incontrato in uno studio di
Radio 3 e gli ha raccontato di articoli e frammenti pubblicati in rete,
sui blog. Lui ha detto che gli faceva piacere ma non li aveva visti, non
andava su internet, ma se li sarebbe procurati in qualche modo. Chissà.
Questa sera, rispondiamo alla voce dell'uomo e linkiamo quel
racconto/recensione, rinnoviamo quell'invito.
"Io che amo solo te" è un piccolo capolavoro della musica italiana. Ho imparato a cantare le sue canzoni da bambino e mi è sempre piaciuto, con quel suo fare triste e distaccato allo stesso tempo.
Un grande.
Ciao Sergio,
le tue canzoni ci hanno fatto compagnia per tantissimi anni,con il tuo modo discreto e mai invadente in distonia con il mondo urlato che ci circondava. Grazie. Elvira.