La scelta del luogo non è stata casuale: il padiglione dell'Anpi intitolato al 25 aprile,
«una data - ha sottolineato Pierfrancesco Majorino (un "resistente in forma di coordinatore dei DS a Milano" secondo Giuseppe Genna) in apertura dell'incontro - a cui ogni sindaco, anche di destra, deve rendere onore». Il ricordo alla Liberazione non è casuale: per avere successo al doppio appuntamento elettorale del 2006, forze politiche, movimenti, associazioni e cittadini dovranno mettere assieme le loro carte migliori per vincere la partita. La serata ha avuto alti e bassi e tra tutti gli interventi (troppi, troppissimi, tanto che si è andati ben oltre il tempo previsto, tagliando lo spazio riservato al dibattito col pubblico), solo alcuni hanno dato un contributo interessante.
Secondo il segretario cittadino dei DS - primo a parlare - la ricetta per vincere non può prescindere da due ingredienti:
«partecipazione ed energie positive». Pierfrancesco Majorino ha messo come giusta priorità la casa, sottolineando la necessità di
«una nuova edilizia pubblica che tenga conto dei più deboli». La città ha i costi per la casa più alti d'Europa:
«bisogna invertire la rotta, non si può lasciare tutto nelle mani del mercato». Pier ritiene che il processo per arrivare alla candidatura migliore debba passare attraverso una serie di fasi precise. Prima di tutto una coalizione ampia, di
«chiunque rifiuti la destra» di Albertini e le sue politiche.
«Siamo consapevoli che da soli non possiamo bastare, che abbiamo bisogno di tanti» ha ammesso. Proprio per questo secondo lui diventa importante dare la precedenza ai contenuti, cominciando con la definizione di un programma sulla base del quale individuare
«una candidatura vincente, di cui gli elettori possano essere orgogliosi, che sia frutto di dibattito, nella totale trasparenza. Un processo che a Milano non è stato mai praticato in precedenza».
Voto: 8. Majorino è bravo, riesce a trasmettere la sensazione di "crederci". Avrebbe meritato un 9, ma "l'attestato di stima dei DS" a Veronesi (a nostro avviso politicamente fuori luogo) comporta un punto di penalità.
L'intervento di Riccardo Sarfatti - candidato dell'Unione sconfitto da Formigoni alle recenti regionali - ha confermato le perplessità sulla sua possibilità di diventare una risorsa importante per il centro sinistra. Alternando retorica spicciola (
«sono qui perché non sento di aver perso anche se sono stato sconfitto») e politichese (
«non ho cambiato idea sul fatto che a Milano serva un "riformismo avanzato"»), Sarfatti è riuscito a parlare ben oltre il tempo previsto senza dire nulla di programmatico e/o comprensibile (
«Milano deve essere una porta sul mondo, un fatto aperto e non chiuso. Deve farsi carico dei grandi problemi del mondo, deve dire la sua sui grandi problemi del mercato»). La dichiarazione d'amore sconfinato per Veronesi (unica parte chiara del discorso) l'ha portato a uscire dai ranghi (
«Se accetterà la riserva si deve accettare questa candidatura. Bisogna sfruttare l'occasione del nome vincente»), dimostrando di fatto la sua natura profondamente terzista, nonostante alcune (poco credibili) dichiarazioni contro
«l'ipotesi centrista voluta da non meglio definiti "poteri forti"».
Voto 1. Avrebbe preso 4, ma perde 3 punti: uno per la dichiarazione d'amore a Veronesi e due (questo vale doppio) per "l'attestato di stima" a D'Alema, definito «una grande risorsa per il centrosinistra» anziché un "intrallazzone neocon".
Vladimiro Merlin, coordinatore cittadino di Rifondazione, ha rimesso il treno sui binari giusti.
«Stavolta siamo partiti bene e la risposta dei milanesi è stata buona. Ma dobbiamo stare attenti a non deludere aspettative ed entusiasmi». Merlin ha aderito alla scelta di dare la precedenza alla definizione di un programma condiviso e totalmente alternativo alle politiche di Albertini e Formigoni, che tenga conto dell'emergenza inquinamento recentemente stigmatizzata dalla Comunità europea, dell'emergenza lavoro,
«combattendo, non coltivando, la precarietà. Com'è dunque possibile che Veronesi, dopo aver pubblicamente elogiato le politiche di Albertini, Formigoni, Maroni e Storace, possa essere il candidato sindaco del centro sinistra?» Questa domanda con cui Merlin ha chiuso il suo intervento è una dichiarazione politica chiarissima, che traduciamo così: se l'Unione deciderà di presentare Veronesi, Rifondazione molla la coalizione presentando una propria candidatura.
Voto 7. E' rifondarolo e come tale ha parlato. Ha perso un punto per l'uso del termine paraculo "i padroni".
Nando Dalla Chiesa ha speso troppe parole per fare i complimenti alle persone che lo corcondavano, sottolineando il merito del Cantiere che non ha ceduto al totosindacoe e non ha accettato
«candidature via stampa». Secondo il presidente cittadino della Margherita le candidature disponibili sono numerose, non vengono citate
«per evitare che le persone si ritraggano» e vengono valutate
«a porte chiuse».
Dalla Chiesa non ha dubbi sull'imnportanza determinante di costruire un programma che sia
«un'alternativa ad Albertini, non una semplice variante») e sul rifiuto di Veronesi, lasciando cadere un pesante sasso nello stago prima di cedere il microfono:
«saremmo disposti a seguire Prodi se dicesse che Berlusconi ha governato bene?». Ovvero: sull'illustre oncologo anche la Margherita non ci sta.
Voto 7. Era 7, ha perso un punto per la frase "a porte chiuse", un altro perché nonostante la lunga carriera ancora si impappina quando parla in pubblico, ne ha conquistati ben due per l'opposizione chiara a Veronesi (che non varrebbe nulla se Nando fosse di Rifondazione, ma per uno della Margherita - non dimentichiamo che in questo partito milita gente come Alberto Mattioli - è un gran merito).
Onorio Rosati, segretario della CGIL di MIlano, ha fatto il suo mestiere di sindacalista, non dicendo granché di significativo, ma dicendolo bene. Anche lui avverte il momento buono per superare il centro destra, di cui critica tutto: il modello di governo
«basato sul rapporto tra un uomo e i cittadini, negando il valore dei "corpi intermedi"», la scelta di
«non cogliere le differenze come risorse, quindi governandole, ma di esasperarle». Rosati chiede regole e trasparenza, anche se è consapevole che i compromessi dovranno essere accettati:
«meglio vincere male che perdere bene».
Voto 7. Ha fatto un intervento da sindacalista. E' stato pragmatico, preoccupandori di chiedere per i lavoratori condizioni migliori, consapevole che la perfezione non è di questo mondo. Perde un punto per eccesso di pragmatismo, per aver dimenticato che un pizzico di utopia è indispensabile (d'altra parte è in buona compagnia, Cofferati è costretto a commettere lo stesso errore per poter governare).
Carlo Monguzzi è un casinista. Ha tentato di essere schematico, ma non ce l'ha fatta. In compenso ha espresso due concetti totalmente condivisibili:
«Non possiamo dividerci, se no gli elettori ci prendono a calci nel sedere. Facciamoci un applauso in meno, ma anche una divisione in meno» e ancora
«non occorre mediazione, ma equilibrio» (che può sembrare un po' lana caprina, ma segna invece la differenza sottile ma importante tra "viscido" e "pragmatico"). Dopo aver elencato i problemi a suo giudizio prioritari (ambiente e traffico, sanità, casa), Monguzzi ha esortato gli alleati a non aver fretta nella costruzione del programma e nella designazione del candidato (
«quando si è proposto Veronesi c'era un solo errore che si poteva fare, e l'abbiamo fatto: il tifo da stadio»). Sulla "Banda Albertini" è lapidario:
«la destra ha perso il senso della realtà e della morale, non solo della politica».
Voto 6. Era 8, ma perde un punto per la spocchia e uno per aver indicato Sarfatti come ri-candidato (vincente) alle regionali del 2010. Un'assurdità in netto contraddizione con tutto quello che si è detto nel corso della serata.
L'elenco di chi voleva dire la sua si è andato allungando. Tra i pochi interventi interessanti quello di Davide Corritore, amministratore delegato della società di ricerche SWG, feroce sostenitore delle primarie, che lui considera
«un elemento determinante nell'offerta del centro sinistra e una dichiarazione da parte della politica di rinuncia al potere sulla scelta del candidato». Secondo Corritore la "questione Veronesi" fornisce tre indicazioni importanti:
«1) gli elettori chiedono di partecipare e di contare, 2) c'è perplessità sull'età di Veronesi, che va letta come voglia di rinnovamento e 3) Albertini e Berlusconi hanno ridefinito con chiarezza il confine tra destra e sinistra, ricordando che non sono "la stessa cosa". In questo senso la reazione dell'elettorato alle parole di Veronesi sull'equidistanza dalle parti dimostra una voglia di trasparenza e chiarezza» che non può essere sottovalutata. Corritore ritiene assurdo attendere due mesi per la risposta di Veronesi e invita i partiti a esprimere i propri candidati i quali - dopo le primarie - possano
«dare vita assieme al candidato scelto una squadra di valore che possa ben governerà la città».
Voto 9. Era 7, ma guadagna un punto per entusiasmo e chiarezza e un altro per il complesso di considerazioni sulla faccenda Veronesi.
Nicola Iannacone (Arciragazzi) ha detto una cosa sola, ma importantissima: nella Milano di Albertini i bambini sono le prime vittime. Scompaiono, diventano fantasmi e la città invecchia. Un'amministrazione alternativa ad Albertini deve avere tra le priorità una strategia per l'infanzia.
Voto 10. Era 8, guadagna un punto per la concisione e uno per l'argomento.
Velo pietoso sul rappresentante dello SDI (incredibile, il tizio cercava di imitare Boselli!), dell'Italia dei Valori (che si conferma un partito privo di struttura, il cui unico valore è Tonino Di Pietro), della Retedeimovimenti (che ha dato la netta sensazione di chiedere solo un posto a tavola), di Miracolo a Milano (preoccupato solo di ricordare al pubblico che loro esistono e che basilio Rizzo è consigliere da un ventennio).
Voto 1. Era zero, ma visto che per vincere abbiamo bisogno di tutti assegnamo un punto di incoraggiamento.
Emanuele Fiano (capogruppo di opposizione a Milano, "beniamino" di queste pagine e
figlio di cotanto padre, l'uomo che avremmo visto volentieri alla segreteria provinciale al posto di
Franco Mirabelli e che in molti danno in partenza - agli elettori piacendo - per Roma nel 2006) ha chiuso i lavori. Il suo è stato un intervento "istituzionale", di cui vanno sottolineati due passaggi: uno di critica totale alla giunta Albertini (
«Milano ha attraversato 10 anni di malgoverno, Albertini e i suoi non sanno governare. I nostri valori e le nostre priorità sono opposti ai loro») e uno di richiamo alla responsabilità delle forze del centro sinistra (
«Solo noi dirigenti e militanti possiamo perdere, perché oggi abbiamo tutte le carte in regola per terminare il ciclo della destra. Dobbiamo insistere "nell'unità tra le differenze", come abbiamo fatto opposizione in questi anni»). Fiano non ha potuto esimersi dal parlare del "caso Veronesi". Secondo alcuni addetti ai lavori presenti ha fatto un po' di equilibrismo. Invece noi abbiamo raccolto tre concetti inaspettatamente chiari: 1) il fatto che veronesi si sia candidato va letto come
«un segnale che i tempi sono cambiati». Ovvero: indipendentemente dal giudizio sull'uomo e sulla sua eventuale candidatura, se uno come questo popò di barone si avvicina al centro sinistra vuol dire che la destra è davvero alla frutta. 2) Se una persona vuole essere candidato del centro sinistra non può dire le cose che ha detto Veronesi,
«non può stare sopra le parti, deve scegliere da che parte vuole stare». 3)
«In Provincia è bene che si continui a governare bene, come si sta facendo» (che noi leggiamo come invito a Penati a non montarsi la testa, restandosene tranquillo a palazzo Isimbardi).
Voto 9. Era 7, guadagna un punto per la chiusura alla candidatura Penati (sempre che abbiamo capito giusto) e uno per quella a Veronesi.
Riflessione. E' difficile, per chi come noi è assuefatto ad anni di sinistra depressa e deprimente, partecipare all'ottimismo che i rappresentanti della politica manifestano o si sforzano di manifestare. Milano è una palude di affari e malaffari in cui è troppo facile cadere, sporcarsi, annegare. Le persone che hanno parlato ieri sera (i vari Fiano, Majorino, Monguzzi, Merlin), al momento sono ancora "esseri umani". Ma - una volta conquistato il governo della città - sapranno gestirlo con onestà e decenza, senza cavalcarlo, senza cedere al richiamo delle auto blindate, delle scorte, delle scarpe fatte a mano, delle compromissioni col "bel mondo" che tradizionalmente infesta la città? I segnali che cogliamo a livello nazionale - percepibili anche in alcuni aspetti dell'organizzazione di questa Festa - non sono incoraggianti. Ma la posta in gioco è altissima e occorre accettare l'idea che qualunque cosa - anche l'intrallazzismo d'alemiano che inquina i DS - è meglio del berlusconismo e di Albertini (che del berlusconismo è una delle espressioni più rapaci). Bisogna fermarli e per farlo occorrono realismo, stomaco tenace e determinazione. Lo sforzo di fiducia richiesto agli elettori è immenso. Noi ce la metteremo tutta, ne va del futuro nostro e dei nostri figli, ma ne chiediamo uno analogo - di sincerità, onestà e coerenza - a chi dovesse riuscire, anche grazie a noi, a occupare le poltrone più alte. La lotta più dura, qualla con le tentazioni del potere, potrebbe venire "dopo".