Milano sogna di lasciare a casa la signora Letizia
di Oreste Pivetta
Letizia sui manifesti, come una diva, magie del lifting elettronico, cotonatissima come s’usava nei nostri anni Sessanta, Letizia sulle fiancate dei taxi, Letizia in corteo (con il babbo che in un corteo non aveva mai osato), Letizia alla maratona (con la mamma, rivestita con la pettorina e il numero di gara), Letizia al mercato (lei che può servirsi di schiere di badanti e di maggiordomi). Letizia Brichetto Arnaboldi in Moratti, seconda moglie di Gian Marco Moratti, cioè il petrolio della Saras (neo quotata e crollata in Borsa), l’erede di Angelo, il rappresentante in bicicletta lungo le strade del dopoguerra, il presidentissimo interista. Nata nel ‘49 a Milano, genovese d’origine, ricca di suo, ramo assicurazioni, a scuola nel “collegio delle fanciulle”, “esclusivo”, poi la Statale, la carriera, la presidenza Rai, il ministero, Letizia adesso vuole farsi sindaco, rimanendo senza ministero. Sindaco l’aveva eletta già mesi fa Silvio Berlusconi, durante una convention dei socialisti di Stefania Craxi. Incurante del voto, Berlusconi diede l’annuncio: «Sarà il nuovo sindaco di Milano». Subito il “sindaco” di Berlusconi non s’espresse. Mentre i sondaggi per le politiche davano il centrodestra in costante sconfitta, lei continuò a tenere tutti in sospeso. Dichiarò fino all’ultimo istante la sua incertezza. Ventiquattro ore dopo l’ultimo istante, convocò una conferenza stampa e inondò Milano di manifesti, gigantografie con foto ritoccata d’autore. Tutto in una notte: la decisione e i manifesti.
Poi ha iniziato la sua campagna, sorridendo nei mercatini, partecipando ai dibattiti nelle tv locali, balbettando frasette che rivelavano la sua scarsa comprensione dei problemi milanesi. Gettò sul tavolo da gioco due o tre colpi di magistrale cinismo: in corteo il 25 aprile con il padre infermo, in corteo al Primo Maggio, giusto per sentirsi travolta dai fischi e potersene lamentare, innescando la santa barbara dell’onore offeso, della libertà negata, dell’intolleranza, eccetera eccetera... Trascinando soprattutto l’eventuale dibattito politico al livello più basso del conflitto e del personale, seguendo evidentemente l’insegnamento del maestro, Berlusconi appunto. Per mostrarsene all’altezza l’algida Letizia non si risparmiò durante il raduno al Palalido (quello in cui Berlusconi lanciò lo slogan: no taxation without rapresentation), urlando dal palco, come una signora non dovrebbe fare, alla maniera con cui l’allora capo del governo si era rivolto al Della Valle a Vicenza. Vedremo le prossime puntate, al giro finale. Per ora abbiamo assistito ad una campagna elettorale orchestrata per ridurre la politica all’infimo grado, per offuscare l’eredità di Albertini, nei confronti della quale marcare piuttosto una discontinuità, a parità però di interessi in campo e di alleanze, dalla Lega a Formigoni, dai presunti riformisti ai neofascisti che inneggiano a Mussolini e alla decima mas. Con un risultato: quello di pareggiare nei sondaggi i conti con Bruno Ferrante, l’ex prefetto, il candidato del centrosinistra, l’autentica novità di questa tornata amministrativa. Come spiega, un sociologo (e pure sondaggista), Alessandro Amadori di Coesis, Ferrante potrebbe rappresentare davvero una svolta, non solo a Milano (interrompendo quindici anni di amministrazioni di centrodestra, tra Formentini e Albertini), ma anche rispetto alla cultura politica nazionale: Ferrante interpreta in Italia e per i milanesi l’esperienza degli “enarchi” (i laureati dell’Ena, l’Ecole nationale d’administration francese), cioè l’esempio di un funzionario pubblico prestato alla politica, che non si piega alle logiche d’appartenenza (e quindi al tribalismo della nostra politica) e invece personifica competenza e sacralità dell’istituzione. Quest’abito, Ferrante lo veste alla perfezione. Anche troppo, sostengono i suoi critici da sinistra, che gli rimproverano rigidità, qualche freddezza e persino poca milanesità, che è sensibilità sufficiente per interpretare il cuore milanese, di una «città aperta». Eppure Ferrante avrebbe tutto per vincere la sfida della milanesità: la conoscenza della metropoli, la consuetudine con le sue storie più complicate e difficili, le suole di scarpe consumate lungo le strade, persino quel suo atto di nascita pugliese (Lecce, 1947) che gli consegna la condizione di immigrato in una città di immigrati, l’unica in Italia (insieme con Roma), secondo Amadori, che non abbia mai negato «una chance a chi è arrivato con la valigia di cartone». Come New York... Ma che allo stesso non concede la seconda carta e quindi divide, esclude, emargina. Il quindici per cento della popolazione milanese vive sotto la soglia di povertà. Questo dovrebbe essere uno dei primi argomenti elettorali a Milano, in una società che corre verso una forte polarizzazione sociale. Francesca Zajczyk, sociologa all’università della Bicocca,studiosa di nuove povertà, candidata per l’Ulivo, l’argomento lo tratta così: «In un’area vasta come quella milanese, vi sono fasce di popolazione in grande sofferenza e sono soprattutto gli anziani a soffrire di più e soprattutto gli anziani senza casa in proprietà...».
Gli anziani, le persone cioè che hanno superato i sessantacinque anni, sono il 23 per cento della popolazione... «Milano non ha più investito sull’housing popolare e individuale... Dopo gli anziani, le donne sole con figli a carico. Milano conosce il tasso più alto di separazioni e divorzi, al pari ormai delle grandi capitali europee. Separazioni e divorzi comportano spesso un immediato scadimento nella scala delle condizioni di vita, quando il costo della vita diventa sempre più selettivo. Anche chi lavora a tempo indeterminato può trovarsi in sofferenza, con un reddito tra mille e millecinquecento euro: dipende dalla condizione abitativa».
Eppure Milano è molto ricca. Con un deficit però che s’è aggravato, un deficit di solidarietà, perchè a tanto reddito e a tante risorse non rispondono forme di solidarietà strutturate, «attraverso le quali - secondo Francesca Zajczyk - l’istituzione pubblica si faccia carico di progettare, gestire, controllare iniziative per fronteggiare nuove povertà e carenza di servizi». Insomma welfare milanese, nella tradizione di una città che ha inventato cooperazione, mutue, padroni e benefattori, una storia socialdemocratica di conflittualità sociale a bassa intensità... Tutto il contrario della divisione d’oggi, divisione che si percepisce a vista, materialmente... La storia s’è smarrita. Lo scriveva Ernesto Galli della Loggia pochi giorni fa sul Corriere, riscoprendo l’annosa questione della scarsa rappresentanza politica di Milano, malgrado l’esibizione di grandi personaggi nazionali, da Mussolini a Berlusconi. «Gli tsunami del novecento italiano - osserva Amadori - sono tutti partiti da Milano...».
Peccato che Milano un peso nelle politiche nazionali lo abbia avuto in misura quasi irrilevante, anche quando l’asse era marcato più a favore. Che l’ultimo sindaco, Albertini, fosse solo il luogotenente di Berlusconi non è stato utile a Milano, neppure nella logica del più stretto egoismo: Albertini ha continuato a fare l’amministratore di condominio, il governo ha continuato a ignorare Milano. Con il governo Prodi, la stampa nemica (Padania in prima fila) ha celebrato il conto dei settentrionali nel consiglio dei ministri e ha concluso: «La secessione di Romano: Nord cancellato. Dopo Napolitano anche Prodi dimentica la questione settentrionale...». Milano poteva essere il centro della questione settentrionale, ma la “gestione condominiale” di Albertini l’ha ridotta ai margini e «Milano è stata lasciata sola», come sostiene Marilena Adamo, una lunga esperienza in consiglio comunale e ora capolista: «Un’amministrazione autoritaria, nei confronti dell’opposizione ma anche della città, negando dialogo e confronto. Daziaria, perchè ha preteso di risolvere problemi come traffico e inquinamento senza misurarsi con la provincia e la regione. Miope perchè non ha sciolto i nodi del cambiamento. A cominciare dall’immigrazione: un matrimonio su tre riguarda coppie miste, ma del problema si occupa l’assessorato alla sicurezza, come fossimo sempre in emergenza».
Milano deve tornare “capitale morale”, ma dimenticare tangentopoli significa ritrovare l’identità di un tempo, che era identità di lavoro e di sviluppo nella coesione sociale. Questi erano i tratti della socialdemocrazia milanese, del suo buon governo, della su moralità. Un’altra Milano, dice uno slogan di Bruno Ferrante. Dopo la Milano da bere o quella d’Albertini che s’è animata di cemento, metri cubi, speculazione d’antan, privatizzazioni fallite, di polemiche e cattiverie (vedi la malinconica conduzione dell’affaire Scala). Per l’ultima settimana di campagna elettorale arriveranno Fassino e Rutelli, forse Prodi. Dovranno spiegare quanto Milano valga per l’Italia e per il palazzo romano. Magari chi comincia a governare dovrà cercare di mostrarlo presto.
Questa sera ho visto qualcosa che non vedevo da anni.
Sono stato in Via Palestro, c'era tanta gente, c'era un bel palco, c'era un candidato Sindaco, tanti politici della sinistra sul palco: qualcuno ha parlato, qualcuno ha solo salutato il pubblico. Poi ci sono stati un po' di artisti.
Insomma, all'apparenza una normale serata di campagna elettorale. Ma stavolta c'era un ospite in più, che mi pare mancasse da tempo nelle riunioni della sinistra: LA SERENITA'!
Sarà stato lo strepitoso intervento di Moni Ovadia, saranno state le battute scherzose di Cornacchione, sarà stato che c'erano le famiglie con i bambini, sarà stato che noi milanesi abbiamo potuto usare i giardini di Via Palestro di notte (Brunetto... mettilo nel programma... d'estate è una goduria)... non lo so se le componenti siano state quelle che ho scritto o se ce ne siano delle altre.
So che la serenità e l'allegria mancavano da tanto tempo dalla nostra parte ....
Questa mattina ero pessimista sull'esito delle elezioni ... la Nequizia fa paura, è ricca, arrogante, invadente, prepotente... stasera lo sono un po' meno: siamo tanti, siamo forti, siamo convinti, siamo allegri, siamo preparati ad affrontare lo sfacelo che Albertini ci ha lasciato e a ridare a Milano la forza per essere una grande città.
Altro che Ferrante Day .....
Ferrante dai, che ce la fai
www.filippomaraffi.it
Alberto dovresti lanciare sul blog la campagna "conquista un elettore e raccontaci come è andata". Questa volta possiamo farcela sul serio, occorre spostare pochi voti. Se ciascuno di noi si desse come compito giornaliero di parlare con un parente, un collega, un vicino, un negoziante. Basta entrare dal panettiere e buttare là un commento apparentemente innocente " che traffico, non si respira e la Moratti che ha il marito che vende petrolio dice di voler eliminare le macchine, mah !..." Oggi a Papiniano l'aspirante first lady è arrivata circondata da un nugolo di omuncoli con occhiali alla blues brothers, completo nero e auricolare. Lei procedeva suadente mostrando il suo programma, loro, i mastini spingevano in malo modo le persone per lasciarle spazio. Con tono pacato ma forte ho detto che non occorreva l'esercito per venire al mercato, frequentato abitualmente da brave persone. Alcune donne intorno a me hanno detto che avevo ragione e si è creata un'occasione per parlare. Visto che funzionava ho rifatto il giochino qualche metro più avanti...alla fine mi sono anche divertita...
Anna, bella cosa racconti. Anche io - come te - sono convinto che tutto fa, soprattutto quando si mette in luce l'ipocrisia di simili peronaggi farlocchi, campioni di arroganza. Giusta l'idea della campagna, facciamolo, tutti insieme. Questa volta - dopo 15 anni - abbiamo un candidato sindaco vero. Diamoci dentro.
Possiamo farcela. Dobbiamo crederci fino in fondo. Non dimentichiamoci che andiamo al ballottaggio quasi certamente. Non disuniamoci perchè saranno quelle le due settimane decisive. Forza Brunetto tieni duro. Sappiamo che sei stanco, lo siamo anche noi. Ma abbiamo dato tutto ... suonando anche per strada per far smammare i Forzisti. Dai che ce la facciamo.
Ieri pomeriggio alle 14 Letizia era al Parco Ravizza con tanto di musica.
Sono stati chiamati i vigili e l'hanno fatta smettere.Disturbava la quiete pubblica.
Ringrazio di cuore chi si è attivato
io l'ho fatto già molte volte sia per le politiche che per le amministrative.. stasera con la gente in coda al casello per rientrare a Milano.. c'era un'aria pessima (proprio tipo fogne aperte, nemmeno la "solita" cappa! bleargh!!!) e con i finestrini aperti ho fatto tutti i discorsi che diceva Anna... e ho visto viaggiatori... con espressioni notevoli! :-)
Carolina
Mitica Carol!
Pure in coda al casello!
1po' rompicojones ma indubbiamente efficace ;o)
Sottoscrivo l'itnervento di Anna: metto in pratica spesso questa tecnica. Vi consiglio gli asili: terreno fertilissimo. Lì i danni della incompetenza morattiana sono scottanti.
Bello l'intervento di Maraffi. C'ero anch'io e sottoscrivo. Comnque vada, questa volta ci si è creduto fino in fondo.