Ségolène e le Altre
di Maria Serena Palieri
Il 23 aprile prossimo, dopo più di due secoli di storia repubblicana, la «Marianna» non sarà più solo un simbolo usato su franchi ed euro dall’Hotel des Monnaies: la Francia avrà una Marianne in carne e ossa a rappresentarla all’Eliseo, Ségolène Royal.
La Francia, insomma, finalmente pagherà il debito contratto con quella figura femminile in cappello frigio mandata per duecento anni a rappresentare la «madre patria» con i suoi valori illuminati: scoprirà che in quell’utilizzo, fino allora, c’era stato un po’ di ipocrisia e che due dei valori del suo trio, libertà e uguaglianza, solo ora sono un po’ più rispettati. Questo se il ciclo planetario proseguirà nel suo classico corso e, travolti tra le due sponde dell’Oceano uno, due, tre governi di destra, abbatterà come un birillo anche il candidato della destra francese. La visione ciclica prevede che, a seguire, dopo una legislatura o un mandato presidenziale, oppure un paio d’essi, le destre, un po’ dappertutto, tornino al potere. Però stavolta (se nel 2007 Ségolène avrà vinto) questo ciclo - che sembra l’ondeggiare di un’acqua in uno spazio chiuso, avanti e indietro, un’acqua, la storia politica, che finge di muoversi ma torna e ritorna su se stessa - avrà segnato una rottura: un progresso con la maiuscola. Ségolène Royal non sarà la prima donna presidente di uno Stato al mondo, ma sarà la prima in questa roccaforte di conservatorismo che è l’Europa cattolica.
Quattro figli, a cinquantatré anni di bellezza smagliante, la candidata del partito socialista all’Eliseo viene dipinta come un monstruum: di lei, per paradosso, gli stessi media sottolineano la regale disinvoltura mediatica che, altro paradosso, di per sé indicherebbe inconsistenza. Sia inconsistente o, com’è possibile, sia astuta, Marie Ségolène Royal a noi non appare mostruosa affatto. Con la presidente del Cile Michelle Bachelet, la vice-premier spagnola Maria Teresa Fernandez de la Vega, la cancelliera tedesca Angela Merkel, la speaker del congresso Usa Nancy Pelosi, la potenziale prima donna candidata alla Casa Bianca Hillary Clinton, è in scena in un teatro dove viene a frutto un processo storico lungo una trentina d’anni. Non è un caso che queste donne - arrivate al traguardo politico, o in vista di esso, nell’ultimo biennio - siano accomunate dalla coorte anagrafica, abbiano, cioè, superato i cinquant’anni. Erano delle ventenni negli anni Settanta, da lì, dal femminismo, con coscienza o meno, magari senza sognare mondi meravigliosamente diversi perché marcati dall’esperienza femminile, magari puntando a un’emancipazione «solo» nel segno neutro dell’uguaglianza, hanno preso la forza e il via. Da lì hanno cominciato carriere politiche condotte passo dopo passo. Il monstruum Royal è entrata nell’82 come consigliera tecnica all’Eliseo di Mitterrand, è stata ministra dell’Agricoltura, per quattro anni sottosegretaria all’Istruzione, deputata, presidente di Regione; Bachelet, torturata nel Cile di Pinochet, esule, tornata nel suo paese è stata ministra della Sanità e della Difesa; de la Vega ha fatto il cursus da grand commis, capo di gabinetto prima d’essere candidata per la prima volta nel '96 col Psoe; Merkel è in politica dall’89, due volte ministra, poi presidente della Cdu; Pelosi è da diciassette anni deputata democratica al Congresso per l’ottavo distretto della California; Clinton è senatrice da due legislature, dopo l’esperienza da first lady, un ruolo classico esercitato in modo tutt’altro che tradizionale.
Nel mondo di prima - possiamo già chiamarlo così? - nel mondo del Novecento, si accettava che una mente, un viso, un corpo di donna rappresentasse un Paese solo in congiunture particolari. In caso di monarchie che prevedessero la successione femminile: Elisabetta d’Inghilterra, Giuliana d’Olanda. In Oriente, per una specie di paradosso del patriarcato, trattandosi di orfane o di vedove di un leader, Benazir Bhutto, Sonia Gandhi, la stessa Indira scelta perché figlia di Nehru, senza sospettarne la grandiosa tempra. Poteva succedere che in una società giovane, coi suoi kibbutz laboratori di democrazia, fiorisse il carisma di una Golda Meir. Poteva accadere che, se «di ferro», una deputata conservatrice diventasse la prima donna premier britannica. Oppure che ce la facesse Gro Brundtlant, figura di grandissimo spicco della socialdemocrazia del Vecchio Continente, ma percepita come un fiore germogliato in un paese, la Norvegia, sì, europeo, però si sa come sono gli scandinavi, sideralmente avanti quanto a democrazia.
Il nuovo secolo, invece, ci regala qualcosa che prima o poi ci abitueremo a considerare normale: capita che presidente o premier delle nazioni del mondo siano donne, e che non lo sia solo a turno una su cui posare occhi stupiti, ma tante, nello stesso momento. Questa normalità, siccome è il «normale» (democratico) esito, però, di uno sconvolgimento avvenuto sottotraccia, porta per ora con sé anche corollari sui generis: l’appello delle 140 esponenti del Ps francese contro Ségolène, donne che hanno usato la pratica del fare rete, della solidarietà di genere, per attaccarne un’altra; o il curioso problema di protocollo creatosi in Cile, perché Bachelet è divorziata e non ha un principe consorte da esibire nelle cerimonie ufficiali. Già, mentre si dice «cherchez la femme», la moglie che l’ha sostenuto, dietro ogni uomo di successo, non è vero il contrario.
Ah, l’Italia. Non ce ne dimentichiamo. Da noi si sa come va. La Camera dei Deputati lunedì e martedì ospiterà un grande convegno su politica e disuguaglianza di genere. Noi siamo ai pur utilissimi convegni. Perché siamo un paese a democrazia bloccata, quindi maschilista e gerontocratico. I nomi di donne (Tina Anselmi), quando si parla di presidenza della Repubblica, vengono usati per stupire, per sparigliare i giochi, poi vengono reinghiottiti dall’oblio e chi se ne ricorda più. Ma chissà che, dai e dai, tra una novantina d’anni, a fine di questo secolo, anche noi avremo capito dove porta il vento.
Sì, va bene il rifiuto delle disuguaglianze, va bene la rivolta nel cuore, signora Royal. Però perché dice che la soluzione delle discriminazioni e delle violenze in banlieue sarebbe mandare i ragazzi agitati e spesso violenti a fare il servizio militare obbligatorio? Se è questa la sinistra attuale, quella che ha la rivolta nel cuore, allora mi sono persa qualcosa. Ero distratta, forse.
E poi basta con 'sta storia che lei è bella! Basta, è penoso.
E' molto bello anche il suo portavoce, Montebourg, ma per governare un Paese vorrei spostare il dibattito altrove.
Quanto sono pallosa, vero?
Davvero vi è la proposta che i ragazzi spesso agitati e violenti possano essere dirottati verso un servizio militare obbligatorio ? Bene, mi trova d'accordo. Brava Segolene. Mi raccomando si faccia valere all'Eliseo.
E' la politica che si è fatta più superficiale. Ma non si può dire, pena passare per guastafeste o lealisti del vecchio ordine. L'elettorato logorato chiede slogan e avvenenza mediatica e non ha più disponibilità d'attenzione per messaggi più complessi. La stampa è ben felice di assecondare la tendenza, romanzando avvenimenti che sarebbe meglio affrontare con un po' più di freddezza e lucidità. E così non si dice che l'elezione della Bachelet per esempio non è un fatto di rottura radicale, in quanto il continente ha già conosciuto governanti donne e in quanto della ventata di rinnovamento a sinistra sudamericana rappresenta la punta più moderata e filoamericana.
Non stiamo parlando di un fenomeno completamente nuovo comunque, è l'onda lunga del blairismo. E c'è una fase di passaggio della rappresentanza e della partecipazione che sottende a questi cambiamenti.
A parte che l'articolista presa dalla sua narrativa si contraddice: se veramente lo scarto tra il prima e il dopo è rappresentato da candidature femminili che sono figlie di se stesse, non in linea di successione da padri e padrini, la Clinton e la stessa Ségolène da dove vengono fuori? Una è moglie di un ex-presidente e l'altra compagna del presidente del partito...
Che i dopo i Bush si stia andando verso il familismo e le dinastie politiche?
Ma comunque, la richiesta di rinnovamento prende strade imprevedibili e che possono lasciare perplessi, specie quando viene compressa e frustrata troppo a lungo.
Jospin ha fallito. Il Ps è andato in crisi cupa e si è poi diviso tra le sue varie anime, tra le quali nessuna si è fatta interprete di un percorso di cambiamento condiviso.
In queste condizioni chi vince, fosse anche per carisma, ha la ragione dalla sua.
Le domande di fondo su cosa può essere la sinistra oggi rimangono inevase perché troppo impegnative per chiunque, come sono rimaste inevase in Inghilterra dopo due lustri di new-labour, in Germania dopo l'affascinante Schroeder e ora vedremo in Francia.
Comunque se non vogliamo continuare a parlare della bellezza e dell'iconicità della candidata socialista, qualcuno dovrebbe fare uno specchietto riassuntivo delle sue posizioni: questo sarebbe un servizio utile.
Mi pare per esempio che la partecipazione diffusa, che in Francia è già piuttosto alta di suo, sia stato uno dei suoi cavalli di battaglia nella campagna appena conclusa. Cosa che non mancherà di piacere da queste parti :)
Analisi che condivido Antonio. Resta comunque una notizia il fatto che in Francia sia una Donna a correre per l'Eliseo. Dovrebbe in teoria non fare così tanto clamore in un mondo normale. Ma aimè .. normali non siamo!
Una cosa che forse all'estero non traspare, ahinoi Francesca, è che questa bellissima rivoltosa è una specie di Dalema femmina, che vuole mettere a lavorare i fancazzisti statali (vedi dichiarazioni sul fatto che i prof di scuola media devono fare 35h a scuola. E preparare i programmi? E correggere i compiti? Ah, già, quello è un passatempo...
La signora Hollande ha dimostrato, nella sua disinvoltura sui media, di non aver la minima intenzione di svelare la sua vera linea (chiaramente un neoliberismo di "sinistra" alla blair o qualcosa del genere) prima di essere stata eletta. Insomma non prima che la gente possa mettersi in tasca le critiche a questo tipo di linea, affatto di sinistra secondo molti.
Insomma anche in Francia si sceglie ad aprile tra la padella e la brace. Prodi & C. docet...solo che Segolene se ne sbatte di mettersi in bocca programmi roboanti. Semplicemente non risponde o da dei maschilisti ai giornalisti che fanno domande invece di fare la scimmietta ammaestrata con Madame la Candidate...
questo articolo non mi entusiasma, perdonatemi per la franchezza ma non piace, è il solito articolo scritto da una donna che parla di altre donne con un tono di compiacente ossequio.
è un quadro di donna vincente, di donna che insieme ad altre donne della stessa generazione, non a caso sono richiamate le clinton, la segolène, ed altre donne che per le donne , mi spiace dire hanno sempre fatto molto poco.
hanno adottato metodi maschili, carriere al fiato corto e di bassa cucina politica. l'unica degna di nota , soprattutto per la dramamticità degli eventi cileni è la bachelet, ma per le altre donne menzionate , non sento affatto nè partecipazione nè ammirazione.
la necessità d'identificazione in un leader è quella capacità di riconoscere in una persona la volontà di essere recettivo e anticipatore di un sistema in continua mutazione, trasformazione ma sempre fermo su se stesso.
una vittoria di hilary clinton cosa significa? che sta ritornando in carica il aprtito democratico dopo le avventatezze bushiane? o che hillary clinton rappresenta una parte del popolo americano ?
se la risposta è la prima allora non è un suo merito, se fosse la seconda vorrei sapere di quali nuove ìdee si è onorata di offrire all'elettorato.
ha ragione antonio a vedere in queste nuove capitane della politica la longa mano del nepotismo e della reggenza a vita delle scettro del trono, a noi donne non basta che siano le donne a sedersi sul trono, era già noto lo scambio delle reggenze tra mariti e mogli, comprese le morti premature e le guerre di coorti, nulla di nuovo sotto questo cielo.
il mio sogno è vedere una donna normale, che lavori in ufficio o fabbrica, con o senza figli non importa , perchè se hai una colf che te li tiri su, puoi avere 10 figli ma se a crescerli è l'extracomunitaria di turno costa poca fatica e fa tanto figo e poco impegno.
e non mi si venga a dire l'importante è che le donne entrino , poi il resto verrà da sè, perchè è una bufala grande come una casa quest'alibi, chi accede al potere senza avere chiaro veramente cosa significhi essere donna oggi, delle donne in difficoltà se ne scorda facilmente, basti vedere condoleeza rice o tutte le altre nostre donne di nostrana conoscenza che di vera promozione dei diritti si fanno la loro personale promozione alla galleria della vanità riconquistata.
donne sì, sempre più donne, ma non qualunque donna per carità.
maria
"questo articolo non mi entusiasma, perdonatemi per la franchezza ma non piace, è il solito articolo scritto da una donna che parla di altre donne con un tono di compiacente ossequio."
Strano trovarsi d'accordo con mariacascella, ma in quest'occasione direi che ha perfettamente ragione.
beh maria concordo in quasi tutto ,però non credo che sia una donna qualunque .
se in italia succedesse la stessa cosa potrei non essere d'accordo nel caso che la designata fosse di un partito a me inviso , ma anche in quel caso non penserei mai che sia una donna qualunque .
se fosse una di un partito o con idee simili alle mie sarei più felice e non mi sognerei di sminuirla pensando meglio che niente .
il punto è che non credo che la royal sia lì come quota rosa (come dovuto al sesso femminile)penso che sia a quei livelli perchè se l'è sudato e guadagnato.almeno spero.
E' li perchè ha il potere di essere li. E' la moglie del segretario di partito che fa finta di essere un demente ed invece è un filone di prima categoria, liberista in economia e conservatore in tutto il resto. C'era l'ipotesi di fare tornare Jospin, lo sconfitto del 2002 ma è stato Ri-trombato dai suoi amici di partito. L'avvento di S. è stato il risultato di una guerra interna al PS non indifferente e senza esclusione di colpi bassi. Les Guignoles de l'info (guardate il film della Guzzanti per maggiori informazioni sul sito di canalplus-fr se siete francofoni) hanno più volte trasmesso una scena all'interno del PS che sembrava tratta da Madmax, ironica ma come spesso ben costruita e assolutamente pertinente.
Il discorso su Sego è come quando qui in Francia mi chiedono se sono felice di Prodi, dall'esterno questi sembrano i nuovi amici del proletariato. Ma sono solo degli abili manipolatori, approfittano di questa legittimazione per fare di nascosto il peggio del peggio. Avete letto dove vuole mettere i giovani delinquenti?A fare gli assassini professionali, così quando li congedano invece che infastidire uccideranno, stile reduci americani dell'iraq...
E poi è figlia di un militare, con tutto quello che consegue nel suo ego. Lei voleva fare il generale. Per poter mettere papà a fare le guardie, la sua non è rivolta nel cuore, è sete di potere. E poi è parigina d'adozione, altro che Poitu-Charente...=del resto(la maggioranza) della Francia non ne sa/capisce un acca.