Riportiamo per chi non ha un account su Facebook il post con cui Pao ha commentato l’intervento degli Spazzaidee in via Cesariano a Milano. Come sempre, l’arte e la cultura rimediano all’ignoranza gretta e all’insensibilità becera di chi arriva al livello di definire “sporco” l’opera di un riconosciuto street artist. Fammi pensare, chi è che bruciava i libri e distruggeva le opere d’arte?
Nel 2001 dipinsi insieme a Linda il muro di via Cesariano. Uno dei miei primi muri, realizzato con il consenso dei frequentatori della piazza, genitori, abitanti negozianti. Ottenere il permesso da parte del Comune era operazione impossibile, quindi decidemmo di fare quello che ritenevamo giusto, andando oltre agli ostacoli burocratici . A volte, seguire la propria coscienza è la cosa giusta da fare, a volte il bello dell’arte è proprio questo. Raccogliemmo i soldi per i colori, coinvolgemmo i bambini, facendoci aiutare da loro per colorare, chiudemmo l’esperienza con una bella festa di inaugurazione.
Un vigile passò di lì e in quanto dotato di buo senso, ci disse di continuare, che lui non aveva visto niente Emoticon wink Da allora il muro ha caratterizzato un parchetto altrimenti anonimo regalandogli una anima. Seppur non si tratta del muro più bello che io abbia realizzato rimane uno dei più sentiti, proprio per la sua funzione sociale. L’estetica della città necessita di spazi di colore, che alimentino la fantasia e il buon umore, questo non vuol dire che si debba colorare tutti i muri, ma un parchetto frequentato da bambini è un luogo che per sua natura e funzione deve essere colorato. Mi dispiace per i maniaci dell’ordine e del monocromo, ma luoghi come via Cesariano ed il suo murale sono necessari alla città, per la salute mentale dei suoi abitanti e per lo sviluppo creativo dei suoi bambini.
L’intervento di ieri dei volontari di Retake Milano, è stato quanto meno avventato, certo il murales era scolorito, con qualche pasticcio sopra, ma è evidente che per molti era ancora preferibile al noiosissimo rosa pallido che hanno scelto. Non era meglio prima parlare con i residenti? E magari contattare chi quel muro aveva dipinto, se pur senza permesso ufficiale, con il consenso dei fruitori di quello spazio? Spero che questo episodio possa portare ad un passo avanti nella questione: se l’inquinamento visivo (tag, ma anche pubblicità, segnaletica selvaggia, obbrobri architettonici) da fastidio alla maggioranza delle persone, è necessario capire che la città è luogo delle differenze e della convivenza, luoghi di espressione libera sono necessari e salutari quanto zone pulite ed ordinate, i graffiti e la street art non sono il male, ma a volte persino una risorsa, per una città migliore, più bella. Qualsiasi eccesso stroppia: una città coperta di tag è brutta quanto una città di un unico colore.
Ieri sono stato contattato dall’assessore Maran, che si è scusato dell’incidente e mi ha chiesto la disponibilità perché il murale venga ripristinato, questa volta con tutti i permessi. Con piacere riporteremo il sorriso sui muri e sul volto dei bambini.
PS I Bücherverbrennungen ovviamente hanno anche la faccia di palta di rispondere a Pao, ben protetti dal loro abuso del termine “legale” e dall’arroganza dei giubbetti gialli con la scritta “volontario” (definizione di Marco Mazzei).