Gli scontri del Primo Maggio 2015 a Milano sono una vicenda complessa, di cui le narrazioni mainstream non hanno colto pressoché nulla. Proviamo a uscire dall’emotività degli spugnatori commercianti che “pagano le tasse” e hanno visto i “negozi devastati” (qualche vetrina rotta, ma paga l’assicurazione), delle auto di “cittadini che non arrivano a fine mese” (in via Carducci?) bruciate.
Il tema principale è l’intervento delle forze dell’ordine, in primo luogo la Celere. Stavolta (la prima da decenni) i celerini hanno agito bene, tenendo la piazza per impedire ai riot di arrivare in centro (dove ci sarebbe stata la guerra). Li hanno lasciati sfogare in via Carducci – distinguendo intelligentemente tra danni alle cose e danni alle persone. Il prezzo da pagare è stato tutto sommato molto baso: qualche vetrina rotta, qualche auto bruciata, ma nessuno si è fatto male. Il risultato è positivo, anche perché – contrariamente a quel che ha riportato gran parte della stampa stampa – i riot erano almeno mille.
I celerini sono stati impeccabili e il funzionario che ha trattenuto i suoi impedendo la guerra ha fatto benissimo: provare a fermarli avrebbe creato un grave rischio Alimonda, per i passant e la parte tranquilla del corteo. Quindi chi ha dato le linee guida strategiche ha fatto la cosa migliore, fosse anche Angelino Alfano (ma secondo me è stato Renzi).
Tra l’altro so da fonte ben addentro che la gran parte dei movimenti è incazzatissima coi pochi gruppuscoli (pare sostanzialmente sottogruppi antagonisti legati agli sgomberi dello scorso aprile) che hanno dato sostegno ai riot, mettendo a repentaglio sette anni di duro lavoro di ricostruzione del rapporto movimenti-cittadini-istituzioni.
Per finire due parole sulla “Milano per bene che pulisce i muri”, con la chiosa dell’aggressione alla ragazza che manifestava il suo dissenso (e il fatto che il suo dissenso fosse un po’ sgangherato non giustifica la vicenda) che amplifica il fastidio per una iniziativa di propaganda da regime, in linea col pensiero unico di questa epoca, con quel distinguo tra buoni milanesi (quelli che puliscono), cattivi milanesi (quelli che non puliscono) e cattivissimi (quelli neri che hanno fatto casino).