“La pena minima dovrebbe essere di sette anni per chi causi un incidente mortale con un tasso alcolico superiore a 0,50 (a spanne: una bottiglia di rosso in due?) o, perfettamente sobrio, proceda a 71 km in un tratto in cui il limite sia a 35 km/h. Comportamenti che – visti con l’inevitabile obiettività del penalista, che per professione si occupa di comportamenti sbagliati – in sé sono limitatamente gravi e, soprattutto, davvero molto difficilmente sono effettivamente causali rispetto all’evento.”
“Comportamenti che in sé sono limitatamente gravi e, soprattutto, davvero molto difficilmente sono effettivamente causali rispetto all’evento”. Ho letto e riletto più volte questo passo dell’articolo su Gli Stati Generali firmato da tale Matteo Uslenghi, che parlando di comportamenti “limitatamente gravi” e “effettivamente causali rispetto all’evento” si riferisce a chi “perfettamente sobrio, proceda a 71 km in un tratto in cui il limite sia a 35 km/k”. Siamo di fronte a una serie di castronerie collegate tra loro, a costruire una castroneria più grande della somma delle parti.
Vero è che prima di aumentare le pene bisognerebbe far rispettare quelle già previste, ma il tema qui è un altro, quello della mortalità per pedoni e ciclisti investiti da un mezzo a motore, che quadruplica quando la velocità del mezzo passa da 30 km/h a 60 km/h. Ovvero: andare a 60 Km/h dove il limite è 30 Km/h è “effettivamente causale” rispetto alle possibili conseguenze dell’evento, quindi chi corre in macchina ha sa che correndo quadruplica le possibilità di uccidere qualcuno se lo colpisce. Se non è “effettivamente causale” questo, non si sa cosa lo possa essere. Mentre Uslenghi disserta su una “limitata gravità”, le persone muoiono o restano disgraziate a vita.
E’ ora di affermare che l’auto è un’arma impropria e come tale andrebbe usata. La casualità, le “maledette coincidenze” possono essere invocate su un caso, non su 500 morti e migliaia di feriti gravi all’anno.
Invece in giro per la Rete su questo tema si leggono i soliti, maledetti, luoghi comuni su ciclisti (soprattutto) e pedoni che “tutti devono rispettare le regole”. Tutti parlano a vanvera. Senza sapere. Giudicano con la pancia. Come sempre più spesso, purtroppo, succede. Intanto nelle strade si muore a causa di distrazione, superficialità, arroganza e soprattutto violazioni che Uslenghi considera “difficilmente causali”.
Auguriamogli di non doversi mai confrontare con questa difficile causalità.