Dire che ci sono mille modi per fare la tartare è essere riduttivi. Chi ha la fortuna di girare per la Borgogna, patria della tartare, ne trova una diversa a ogni bistrò, e quasi sempre eccellente. La tartare si presta a sperimentare e creare, mescolare sapori, accostare ingredienti. Ed ecco allora il racconto di una tartare atipica, inventata unendo un po’ di intuizione e qualche idea da un lunch in una buona hamburgheria milanese. L’idea iniziale era usare la crème fraîche, che però a me stroppia un po’, quindi ho sostituito con lo yogurt e il risultato non mi ha deluso.
Per due persone servono quattro etti di carne, 250 cc di yogurt intero, sale, pepe nero, senape di Digione, erba cipollina, olio di oliva extravergine, un avocado maturo ma ancora sodo.
Una gran tartare non può che partire da un pezzo di carne di gran classe e qui a me piace andare sulla polpa scelta, offerta dal sacrificio di una fassona piemontese alla prima mossa (la sostituzione dei primi due denti da latte). E’ carne magrissima, più rosa carico che rossa, il miglior rapporto possibile tra compattezza e tenerezza. I fighetti fanno la tartare col filetto, io il filetto lo preferisco in altri modi, comunque scottato per accentuarne il gusto, al crudo il sapore della polpa è molto più ricco.
La carne va rigorosamente tagliata a coltello, ma non mi scandalizzo con chi usa la lama del blender, purché lo faccia con saggezza e rispetto. Vietato invece il tritacarne, che la spreme e ne spezza le fibre, il che non è sempre un male, ma in questo caso sì. Quando l’hai tagliata la metti in una terrina e la condisci con abbondante olio di oliva extravergine, sale, pepe nero macinato al momento e una punta minima di senape di Digione. Mescola bene sempre da sotto in su per non rompere le fibre.
A parte prendi un bel mazzetto di erba cipollina, togli tutto ciò che non è tenerissimo e taglia il resto a pezzettini minuscoli. Metti in una ciotola, aggiungi lo yogurt (eccellente il Vipiteno intero), condisci con sale e abbondante pepe. Taglia l’avocado a dadini piccoli.
A questo punto non resta che disporre sul piatto. In genere a me piace portare le vivande in tavola su un piatto di portata, perché ognuno possa prendere quanto gli va, ma con questa ricetta è impossibile. Metti due bei cucchiai di salsa al centro del piatto, compatta appena la carne con le mani e disponila al centro, poi coprila con i dadini di avocado. Ecco fatto.
Freschissima. Se fa caldo ci puoi bere uno spumante come si deve e in questo caso nulla dà gusto come il secchissimo, delicato, elegante Rotar Pas Dosé. Volendo un bicchiere di rosso, scegli qualcosa di non impegnativo. A me con la carne rossa cruda piace il Verona di Bolla, un vino con un sapore vagamente retrò, rigorosamente senza legno, un po’ ruffiano, di straordinario rapporto qualità-prezzo. Non delude mai.
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