“La Darsena è considerata uno dei fiori all’occhiello della nuova Milano, il quartiere che con Expo si è aperto ancora di più al mondo, rinnovato nel segno della modernità. Ma c’è chi dice no. C’è chi, in mezzo alla maggioranza che si spella le mani per applaudire la nuova città, promuove una direzione di sviluppo opposta a quella intrapresa negli ultimi anni. Il Comitato Cittadini Navigli, che riunisce centinaia di residenti della zona, ha protestato sotto palazzo Marino, condannando l’aspetto anti-storico assunto dai Navigli dopo i lavori. Gabriella Valassina, coordinatrice del Comitato, si dice «delusa e arrabbiata». La sua Darsena non esiste più e, ciò che è peggio, sostiene non si possa tornare indietro”.
I comitati hanno ragione. La Darsena è stata svuotata del suo contenuto storico e soprattutto il progetto non è di un urbanista, ma è opera di qualche geometra: non c’è alcun filo conduttore ideale che unisca il passato a un modello di sviluppo organico della città e delle sue vie d’acqua.
La Darsena era un’opportunità straordinaria che meritava di essere sviluppata con lungimiranza e creatività, realizzando un luogo sorprendente, in grado di unire gli aspetti commerciali e di aggregazione a una doverosa rilettura storica delle vie d’acqua di Milano.
Certo, meglio del disastro a base di parcheggi avviato dalle giunte di destra, ma nella graduatoria del “meglio” la soluzione realizzata dalla giunta Pisapia è al minimo. Se non sotto.