Qualora decidessi di votare alle primarie milanesi sceglierei tra Pierfrancesco Majorino e Francesca Balzani. Ritengo che come me farebbero tanti altri elettori di centrosinistra che non si rassegnano a tornare in mano a un “uomo della provvidenza” e alla lista di supporter che sono accorsi prima che i posti disponibili a bordo si esaurissero.
Credo sia ora di ammettere che, nonostante gli sforzi, ben pochi non pensano alle primarie di Milano come a un referendum “Sala sì” – “Sala no”, ove “Sala” (nonostante il suo mantra “io sono di sinistra”) rappresenta sia il “partito della nazione” inviso a molti, sia l’alleanza tra il potere cattolico, quello coperativo-post-diessino e quello socialista postcraxiano), ritenendo che ogni altra lettura non sia realistica.
Quindi c’è poco da fare: checché ne dicano Pier sia Francesca, in quanto entrambi alternativi a Sala pescheranno necessariamente voti nella stessa area del “Sala no”, cannibalizzandosi reciprocamente.
Questo non può non essere spunto di una profonda riflessione da parte di Balzani e Majorino, sempre che abbiano davvero in mente un progetto per Milano più in linea con i cinque anni di amministrazione Pisapia, comunque alternativo a quello rappresentato da Sala e da chi lo sostiene.
E sempre che la loro partecipazione non faccia parte di una abile messa in scena di gruppo, costruita a beneficio delle masse per poter festeggiare la “grande giornata di democrazia”, ma avendo prima pianificato accuratamente chi e come governerà Milano.
Ma questo preferisco impormi di non pensarlo, anche se – devo ammettere – non senza difficoltà.