“Sala avrebbe potuto dire che un’operazione come Expo non si giudica dai conti, perché aveva obiettivi d’immagine (rilanciare nel mondo Milano e l’Italia) e di volano per uno sviluppo economico a più lungo termine (per misurarlo, sono al lavoro gli economisti della Bocconi).”
E’ chiaro e assodato – come sottolinea Barbacetto nella sua analisi pubblicata oggi dal Fatto – che Expo 2015 abbia avuto un’influenza positiva su Milano, attraendo attenzione e investimenti, e che i suoi effetti positivi si faranno sentire nel tempo. Ma davvero non è questo il tema.
Il tema è che il signor Sala ha gestito tutta la vicenda con una mancanza di trasparenza che non fa parte di un modello moderno di relazione tra chi gestisce la cosa pubblica e i cittadini.
Pur trascurando la selva di arresti di collaboratori tanto stretti da imporre uno sforzo per scacciare il pensiero “non poteva non sapere”, va detto che il balletto di cifre messo in atto per far sembra attivo un bilancio pesantemente passivo è fastidioso, soprattutto in considerazione del suo futuro incarico di sindaco a Milano, un ruolo che impone un rispetto per la trasparenza, i cittadini e le regole che il signor Sala ha dimostrato di non conoscere o non voler applicare.
C’è poco da fare, la vittoria del candidato universale è pressoché scontata, come ha dimostrato la pantomima delle primarie e come confermano i balletti di liste di sostegno e oppositori di facciata. Ma forse c’è ancora tempo, se non per un cambio di rotta, almeno per una presa di coscienza da parte dei milanesi di ciò che li aspetta. Magra consolazione, ma meglio di nulla.