“La scelta di Passera non si tradurrà in un vantaggio elettorale per il centrodestra e acuirà invece le divisioni al suo interno”. “Accordicchi da vecchia politica stantia”, “Milano merita di più”. “Passera getta la maschera e si ritira”. “Colpisce il fatto che, dopo aver per mesi invocato la nascita di una destra nuova e moderata, oggi Passera si consegni alla coalizione dominata da un Salvini sempre più lepenista”.
Tra numeri e commenti dei leader del centrosinistra c’è poco da stare allegri. L’apparentamento di Corrado Passera con Stefano Parisi mette una parte significativa del suo 6% in tasca alla destra composta dai bei tomini qui sopra, colmando i due punti di svantaggio o portandola al sorpasso.
Sala dice “dobbiamo convincere gli elettori di Passera a votare per noi”, ma è noto che a Milano il consenso non fluttua: vinci se i tuoi elettori decidono che vale la pena di votarti (nel 2011 Pisapia vinse con meno voti di quelli con cui Ferrante aveva perse nel 2006, perché Moratti non riuscì a portare i suoi al voto). Passera è un uomo di destra e il suo 6% è composto da voti di destra, al centrosinistra resta una cosa sola da fare: abbandonare la vecchia bufala di “intercettare i voti del centrodestra” e rivoltarsi le maniche.
Ovvero: il consenso da raccogliere non è quello degli elettori di Passera (mission impossible), ma quello del variegato mondo di centrosinistra che votò convinto per Pisapia nel 2011, ma oggi è ancora in forse perché non apprezza Sala o vuole dare un segnale di scontento per l’operato della giunta Pisapia (quindi astensione, scheda bianca o M5S).
Visto che faccio parte degli “in forse” e parzialmente degli “scontenti” butto lì quello che potrebbe convincere me – e probabilmente quelli nelle mie condizioni – a votare per Giuseppe Sala.
- Un segnale forte di sinistra moderna e innovativa.
- Trasparenza sulla squadra.
- Chiarezza sulle alleanze con i gruppi di pressione e affari cittadini, con particolare riferimento ai cattolici oltranzisti di CL (che portano voti e ne allontanano, salvo chiedere pesanti ricompense al vincitore chiunque sia).
- Pragmatismo e lungimiranza nei programmi, con particolare riferimento ad ambiente e mobilità.
- Ricambio di vertici (assessori e dirigenti), soprattutto dove s’è creato più scontento, privilegiando competenza e merito (quello che Pisapia promise e non riuscì a mantenere).
- Garanzia di una politica di assunzioni e consulenze sobria e finalizzata solo al bene della città (via l’esercito di portaborse, molti dei quali a stipendio d’oro, assunto come primo atto della giunta Pisapia).
- Una campagna elettorale dignitosa, senza demagogie, protagonismi e pagliacciate, basata sui temi che contano e sulle soluzioni dei problemi.
- Last but not least una garanzia che le promesse elettorali saranno mantenute.
Questo.