E adesso tutti a prendersela con Matteo Renzi, “trombone”, “accentratore”, “peggior leader” e via lamentando. Da “non-renziano” (non sono mai stato un *iano di chicchessia, neppure quando c’erano Luigi Berlinguer e Sandro Pertini) non riesco a digerire tutta la colpevole e dannosa superficialità di questo sfogo.
Perché intendiamoci: un elettore vicino al centrosinistra (quindi non mi riferisco a estremismi e populismi, di cui non sono in grado di comprendere i pensieri) può legittimamente pensare che Matteo Renzi sia il male assoluto del centrosinistra, che sia uno di destra, uno scalatore di partito, eccetera.
Ma a questa legittima opinione politica ci sono solo due azioni sensate che possono far seguito: (1) passare all’opposizione alla coalizione di governo oppure (2) darsi daffare nella coalizione – a tutti i livelli, dal comitato di quartiere al Parlamento – raccogliendo consenso da usare come leva per influire le politiche.
Non considero l’opzione (1) e passo direttamente alla (2), affermando che una persona di buon senso, che ha a cuore le sorti dell’Italia in Europa e auspica un governo moderno-socialdemocratico, ha il dovere di fare tutto ciò che è in suo potere per impedire che l’Italia passi nelle mani della parte avversa. Quindi non può ammettere – tantomeno utilizzare nel confronto politico – scissioni, polemiche, insulti, riferimenti a vicende giudiziarie, eccetera. Non può usare temi come “turarsi il naso” o “tanto peggio, tanto meglio”.
No. La persona di buon senso deve (1) fermare la parte avversa e poi (2) influire sulle politiche impegnandosi sul territorio reale o virtuale. Tertium non datur. Perché – come dicevo in una risposta su un wall Facebook in cui qualcuno lamentava la mancanza di “personaggi politici” all’altezza di far ripartire il centrosinistra – il problema non sono i personaggi politici, ma gli italiani.
Già. Siamo un popolo strutturalmente incapace di mediare, costantemente alla ricerca della rappresentanza perfetta, una pretesa più stupida che utopica che (1) impedisce di lavorare insieme a progetti sensati e proiettati nel futuro e (2) crea gli spazi di manovra per gente come Grillo, Meloni, Salvini e Berlusconi (mai avremmo creduto non solo di ritrovarcelo tra i piedi, ma anche di considerarlo uno dei meno peggio nella sua area politica).
Ecco: la frammentazione politica, l’inconsistenza dei progetti, la costante melina alla ricerca di accordi impossibili e finalmente i fallimenti “in house” di iniziative politiche perfettibili, ma mille volte meglio dell’immobilità, sono la diretta conseguenza di mancanza italiana di senso civico e disponibilità al lavoro di squadra. Una comunità vive e si evolve se tutti fanno un passo verso gli altri per unirsi e camminano insieme. Se ognuno pretende di starsene immobile e che siano gli altri ad avvicinarsi a lui, finisce che non ci si muoverà mai e probabilmente si finirà a litigare, a vantaggio di altri più pragmatici.