E allora a Bolzaneto nel 2001 fu tortura vera, un reato terribile, reso ancora più odioso dall’insensatezza di quei giorni. Ma purtroppo a pagare sono state quattro scartine blu, pochi fantaccini violenti, ma non i responsabili veri, cioè i ranghi delle forze dell’ordine (molti dei quali promossi o felici pensionati) e soprattutto i due delinquenti veri in forza alla politica, due ceffi con tendenze fascistoidi (più o meno palesi), in doppiopetto, all’epoca inopinatamente occupanti di posizioni istituzionali di rilievo: Massimo Fini e Claudio Scajola.
Uno era convinto che essere ministro degli Interni gli conferisse la licenza di uccidere (“Ordinai di sparare se superavano la zona rossa”), l’altro veniva riverito in quanto neofascista e portatore di una “solidarietà” pelosa agli assassini di un ragazzo di 20 anni e nel comando operativo dell’evento, dove non avrebbe avuto il diritto di stare, assieme ad altri noti esponenti del peggior neofascismo.
Drogati di potere e arroganza, galvanizzati dall’idea di mostrare al mondo e al padrone (Berlusconi) la loro determinazione, hanno sfoderato un pugno di ferro surrogato di quegli attributi fisici e intellettuali di cui evidentemente la natura li ha dotati con parsimonia.
Strasburgo condanna i carnefici di Genova 2001 16 anni dopo – grazie a decine di denunce di cittadini che non hanno rinunciato a chiedere giustizia – e costringe anche alcuni irriducibili falchi del centrosinistra ad ammettere tutto l’orrore per quei giorni (era ora).
Restano nella memoria tanto sangue sui muri di Bolzaneto, le grida della Diaz e le immagini del corpo martoriato del giovane Carlo Giuliani a terra a piazza Alimonda. Auguriamoci di non dover mai più vedere un simile scempio e ascoltare le vergogne sentite in quei giorni atroci.