«Oggi che la morte di Giampaolo Pansa suscita uno scontato cordoglio bipartisan e il suo nome sta per essere accolto nel canone della «memoria condivisa», noi vogliamo ricordare i danni gravissimi che i suoi libri e i polveroni mediatici che si compiaceva di suscitare hanno arrecato alla cultura storica e alla memoria pubblica in Italia.»
Negli ultimi vent’anni della sua vita Giampaolo Pansa è stato un accanito revisionista, spargendo sulla Resistenza menzogne storiche e narrazioni tossiche che prima di lui erano rimaste confinate negli ambienti neofascisti.
Oggi che è morto è partito sia il solito coro di peana al “maestro di giornalismo”, sia il piagnisteo nei confronti di chi l’ha criticato da parte dei benpensanti che “a cadavere ancora caldo”. A proposito di questi ultimi ribadisco il mio pensiero su quella che definisco “la retorica pelosa della CARASALMA™”.
La morte è un atto naturale come mangiare, fare sesso e defecare, con l’unica differenza che si fa una volta sola. Giampaolo Pansa mi faceva ribrezzo umano e culturale prima, me lo fa anche adesso e non manco di elencarne le cause quando qualcuno lo incensa. Non vedo come il fatto che sia morto debba cambiare il mio output.
Ciò premesso, tutto quello che c’è da dire su Giampaolo Pansa – vivo o morto che sia – è detto qui dal gruppo Nicoletta Bourbaki, è detto qui da Luca Casarotti ed è detto qui da Tomaso Montanari. Il resto è fanfaluca corriva e ipocrita.