“Io credo che la discussione americana attorno all’articolo di Tom Cotton sul sia fondamentalmente viziata e specchio di molte discussioni viziate di questo tempo, che avvengono con parametri del tempo di prima, quando eravamo giovani. I giusti dicono: non si deve dare spazio a un senatore razzista che dice cose orride su law and order. Pochi altri e il direttore che ha deciso dicono: le nostre credenziali antirazziste sono impeccabili, ma bisogna sentire tutti gli argomenti “.
Su Twitter una bella riflessione di Marco Simoni a proposito dell’articolo che ha suscitato le proteste di lettori e giornalisti (per esempio Roxane Gay e Sewell Chan) del quotidiano vicino ai Dem.
In estrema sintesi Marco si chiede se abbia ancora senso mantenere le “bolle” in cui ciascuno trova fonti dalle quali può leggere solo cose che gli aggradano, oppure se quelle bolle siano anacronistiche e debbano essere bucate, per incontrare opinioni diverse, magari sgradevoli, ma utili a riflettere e comprendere meglio la realtà.
Il dubbio se sia davvero necessario “bucare le bolle” è legittimo e vale la pena di rifletterci. Ma se si localizza questa riflessione risulta anche chiaro che la vecchia polarizzazione “destra-sinistra” ha subito una mutazione (anche conseguente all’interconnessione globale, il cui sviluppo è stato più rapido della capacità di maturazione dell’audience) diventando “decenti-indecenti”.
Può darsi dunque che nella riflessione sia necessario aggiungere un parametro, ovvero chiedersi se e quanto possa avere senso bucare le bolle per trovarsi a leggere opinioni indecenti (in genere false, tendenziose, fuorvianti) che – ahinoi – conosciamo bene visto che ne viviamo ogni giorno le conseguenze anche sulla nostra pelle.
Cioè: a senso leggere un quotidiano che condivide il pensiero di una Giorgia Meloni secondo cui stigmatizzare sanzionare la manifestazione del 2 giugno 2020, in cui le regole per la pandemia sono state palesemente violate, sia un “atto di regime”?