ISTAT dice che in Italia nel 2019 sono morte 2,3 persone al giorno tra pedoni e ciclisti (NB sono esclusi dal conteggio gli automobilisti) ammazzate da automobilisti in violazione della legge. Circa 4 di questi sono morti ogni mese nella Milano metropolitana. A cui bisogna aggiungere alcune migliaia di feriti gravi e con danni permanenti. La stessa ISTAT non elenca invece neppure un caso di incidente grave accertato procurato dalle biciclette che “sfrecciano” sul marciapiede. Non uno.
Questo significa due cose.
La prima è che il problema non sono le biciclette che “sfrecciano” sul marciapiede, come vorrebbe una diffusa narrazione a base di “conosco persone”, vecchiette “sotto chock”, amiche che “stavano per essere investite” o addirittura il ciclista che “mi ha rigato l’auto ed è scappato”. Cioè, ci sarà pure un po’ di realtà, ma sono eventi di gravità insufficiente a fare notizia e (soprattutto) a rientrare nelle statistiche ISTAT, quindi non possono essere significativi in una riflessione urbanistica (nonostante Trilussa).
La seconda cosa è che le (trascurabili sia in termini qualitativi sia quantitativi) violazioni commesse dai ciclisti sono generate quasi esclusivamente dal tentativo di non far parte dei 2,3 morti quotidiani. Chi va in bicicletta sicuramente non sale sul marciapiede (le poche volte che ci sale) per divertirsi o fare il bullo, lo fa per salvarsi la pelle. Il ciclista vorrebbe tanto pedalare in strada, come dovrebbe fare ogni veicolo (o in subordine su una ciclabile), ma a volte gli tocca percorrere brevi tratti di marciapiede per arrivare a casa intero. Per dire che il problema vero nella mobilità non sono le bici che “sfrecciano” sui marciapiede, vanno in contromano o “non usano la ciclabile“, ma l’uso improprio e prevaricante dell’auto privata.
Auto privata cui alcuni vorrebbero garantire totale libertà (di uccidere, invadere, disturbare, inquinare) per ragioni di bottega elettorale, senza capire che solo quando il traffico automobilistico privato sarà riportato a una condizione di civiltà (perché oggi è incivile) il problema delle biciclette che “sfrecciano” sul marciapiede scomparirà come per incanto. E i commercianti si accorgeranno che il loro lavoro non ci rimette, anzi. E i tassisti lavoreranno di più e meglio. E i mezzi pubblici saranno più tempestivi e affidabili.
Questo succederà prima o poi, magari tra due anni, magari tra cinque, ma il vento del progresso non lo si ferma, al massimo c’è qualche pirla che gli fa perdere tempo [cit. dalla versione originale de La canzone del Maggio di Fabrizio de André] con la narrazione tossica delle biciclette che “sfrecciano” sul marciapiede.
La faccenda è questa, il resto è ignoranza, superficialità e a volte malafede di persone che spacciano per tema reale un moto di fastidio di bassoventre, spesso condito dall’invidia egoista nei confronti di chi sa superare le convenzioni. Poi ovviamente voi pensatela un po’ come vi pare, perché c’è libertà anche di raccontare e raccontarsi fanfaluche, ma vi sia chiaro che ogni volta che tirate in ballo la storia dei ciclisti che “sfrecciano” sul marciapiede ci fate la figura dei pirla.
PS dimenticavo: le biciclette neppure rallentano il traffico, contrariamente a ciò che sostiene qualcuno, arbitrariamente.
PPS il discorso vale quasi integralmente per i monopattini elettrici che contribuiscono a decongestionare il traffico.
PPPS altre considerazioni e dati sul tema sono in questo post e altre ancora su questo documento Google in costante divenire.