“We have seen pluralism tip into polarisation so extreme, and partisan groups living in realities so different, that it has become impossible to agree on a common set of facts, making democratic debate impossible. We are seeing a whole generation of politicians who no longer seem to be frightened of the truth and who are happy to throw up a big middle finger to factual discourse. And these trends are as prevalent in democracies as they are in dictatorships, blurring the line between the two.”
L’idea che la libertà di espressione sia sinonimo di democrazia si rivela fallimentare nell’epoca dei social e della disinformazione online. Con la scusa della “libertà di espressione” la Rete con una tale quantità di disinformazione da rendere impossibile la selezione delle notizie dalla propaganda. L’articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo è stato scritto in un mondo diverso e non prende in considerazione il concetto di “disinformazione online”. Per questo Trump e Putin – come da noi Casaleggio, Casapound e soprattutto Salvini – hanno tecnicamente ragione a gridare alla censura quando i post delle loro armate virtuali vengono messi offline.
Da non perdere questa straordinaria riflessione di Peter Pomerantsev, membro del Transatlantic Working Group all’Annenberg Public Policy Center dell’University di Pennsylvania, pubblicata da Die Zeit anche in inglese. Un articolo che avvalora la mia scelta di rinunciare al confronto politico sui social media.