Adoro la pasta al pesto e cerco di farla in modo rispettoso, con il basilico giusto, il pecorino e i pinoli, aggiungendo alle trenette o alle trofie le patate e i fagiolini. No, non faccio il pesto col mortaio, richiede un tempo che a me manca e d’altra parte il 95% dei ristoranti liguri, anche di fama, in cui ho mangiato fa lo stesso. Io almeno sto attento con la lama per evitare l’effetto spuma, tanto sgradevole quanto diffuso.
Qui racconto una mia variante della pasta al pesto, che trovo particolarmente appetitosa, perfetta per la stagione calda (anche perché richiede dei pomodorini dolci e saporiti). Ricetta per quattro persone.
Cominciamo col pesto, che si basa su pochi ingredienti, ma eccellenti, primo tra tutti il basilico. L’ideale – a trovarlo a Milano – è quello ligure, con quel gradevolissimo retroprofumo di limoncello, altrimenti scelgo il più bello che trovo dall’ortolano.
Seleziono, lavo e asciugo 50-70 grammi delle foglie più piccole e le metto nel bicchiere del frullatore a immersione. Aggiungo 5-6 cucchiai d’olio d’oliva extravergine non forte (non amo l’olio ligure, io compro il mio olio in Toscana dal frantoio Lugodoro di Maurizio Viliani a San Vincenzo, in questo caso uso lo Scirocco, il più leggero della famiglia). Poi una manciata di pinoli, 30 grammi di pecorino romano (so che La Cucina Italiana dice “sardo”, ma per i miei gusti l’aroma è troppo intenso) e altri 30 di parmigiano reggiano. In genere aggiungo anche uno spicchio d’aglio italiano privato dell’anima (altro motivo di contendere) se voglio fare la pasta al pesto classica, ma per questa ricetta ne faccio a meno, per evitare un eccesso di aromi, visto che ci sarà altro a dare profumo.
Uso il mixer a immersione a velocità bassa e a piccoli colpi, per evitare l’effetto spuma di cui sopra. Mi fermo quando ancora si distinguono pezzetti di foglia (vedi foto). Metto da una parte e preparo il resto.
Metto a bollire una grande pentola d’acqua. Intanto lavo e taglio in quattro una bella manciata di datterini di Pachino. Quando l’acqua bolle salo e butto la pasta (Rummo o Molisana, questa anche integrale, è buonissima e tiene la cottura), metto sul fondo del wok un paio di cucchiai d’olio e habanero chocolate quanto basta per non bruciarsi il palato per sempre (io mi sono fatto l’olio, profumatissimo e poderoso, ne basta un cucchiaino da caffè), lo scaldo e ci soffriggo i pomodorini fino a farli farli morire. Il tempo in genere coincide.
Scolo la pasta molto al dente (sempre col ramaiolo, così se serve c’è dell’acqua di cottura per mantecare, abbasso lo scolapasta) e la salto nel wok coi pomodorini, aggiungendo se occorre un niente di acqua di cottura per mantecare. Quando sono soddisfatto spengo e appoggio il wok su un tagliere per farlo raffreddare un po’. La temperatura è importantissima, non solo in questa ricetta, se si mette il formaggio sulla pasta troppo calda si impasta e fa i grumi.
Dopo un minuto circa incorporo il pesto, mescolando bene e a lungo per amalgamare il tutto. Stasera ci ho bevuto un meraviglioso pinot bianco della Cantina Rotaliana di Mezzolombardo.