I Crociati di San Petronio
La scelta laica del sindaco Cofferati
Bruno Gravagnuolo
Cofferati non va in Chiesa a Bologna per la festa di San Petronio. E la destra mena scandalo. Accusandolo a spada tratta di insensibilità, settarismo e ostilità verso chi non lo ha votato. Strano, no? Perché tanta meraviglia e indignazione scaricata su una libera scelta di coscienza? Ma accadono strane cose in quest’Italia di centrodestra. Maggioranze blindate sui temi di coscienza e ostili alle istanze della laicità e della libertà individuale. In una - ed è qui il paradosso - con veementi campagne contro il pericolo teocratico dell’Islam, dipinto invece come minaccia alla laicità dell’Occidente.
Quell’Occidente - dicono a destra - che da tempo ha superato la confusione tra Stato e Chiesa, e che in virtù del suo primato ha il dovere di esportare ovunque la democrazia. Il tutto in un clima di geremiade continua sul «nichilismo edonista» dell’Europa «venusiana». Che rifiuta la «sofferenza», «la responsabilità», e l’amara accidentalità dell’avere un figlio in sorte o meno. Nonché la «santità naturale» della famiglia, che non ammette che «uomo e donna», e non già meri «coniugi», come pretende l’invertebrato Zapatero. Il quale, sermoneggia l’Elefantino del «Foglio», pretenderebbe di assecondare «la volontà dei suoi concittadini», senza azionare la leva della giusta «auctoritas». Insomma è un florilegio asfissiante. Da Ferrara, a Baget Bozzo, a Galli Della Loggia a Rossella, al «satanista» Introvigne. Con supporto dottrinale di Mons. Cafarra, contro Eco e Vattimo. Esegesi post-popperiane di Marcello Pera, vero apice della torsione del liberalismo in fondamentalismo laico. E infine, gloriosa «revisione» francescana di Gianfranco Fini, che addirittura trasforma San Francesco in militante anti-pacifista e armigero della Cristianità. Ecco, se il quadro è questo, si intende meglio allora quel che accade a Bologna. Vale a dire la campagna allestita dal «Resto Del Carlino» contro il Sindaco Sergio Cofferati. Reo di non aver presenziato in Chiesa alla cerimonia religiosa in onore del Santo Patrono di Bologna San Petronio. Una campagna di sistematica delegittimazione dell’ex segreatario Cgil. Rabbiosamemnte dipinto a destra come un alieno insopportabile in città. Malgrado la sua vittoria elettorale eclatante e indiscussa.
Eppure Cofferati aveva partecipato in strada alla celebrazioni. Non senza aver prima parlato alla Conferenza stampa di presentazione della festa cittadina. Ribadendo colà la sua intenzione di tener viva la ricorrenza storica, con inziative ad hoc impegnanti il Comune e la sua giunta. Oltretutto in Chiesa c’era il gonfalone del Comune e consiglieri vari. E nondimeno la libera scelta del Sindaco, di non partecipare alla funzione religiosa, ha scatenato gli esponenti di Forza Italia. I quali hanno parlato di «slegamento del sindaco dalla sua città». Di un primo cittadino intollerante e «non disponibile al dialogo con i suoi cittadini». Forzisti assecondati in questo dal Vicario generale della Diocesi. Che con felpata durezza ha sentenziato che Cofferati forse non conosceva «il valore della festa», ritrovandosi «mal consigliato». Ma sull’intera vicenda metteva il suo bollo con accorta regia anche l’editoriale del «Carlino» di ieri. E col seguente argomento: inaccettabile la «doppia appartenenza» di Cofferati. Che distingue il momento di sagra popolare laica, a cui egli partecipa, dal momento religioso in Chiesa, a cui non partecipa. Laddove, spiega sempre il «Carlino», la presenza di Cofferati in Chiesa è un atto dovuto «istituzionale», in nome dell’intera comunità. E laddove invece il sindaco aveva partecipato (in forma privata) alla messa di suffragio per Padre Casali. E dopo aver sanato la frattura con la famiglia Biagi. «Riconoscendo» - a detta del giornale - che con quel’omicidio «era stata eliminata una voce della dialettica democratica in un momento particolarmente importante per la vita del paese».
Sorvoliamo su quest’ultima furbesca citazione. Che c’entra nulla con la materia del contendere. E che ha il solo scopo di rimettere in circolo sospetti e veleni sul «ruolo» di Cofferati «cattivo maestro», nella morte di Biagi. Veleni a suo tempo già sparsi a piene mani dal centrodestra e spazzati in breccia dalla limpida condotta democratica di Cofferati, prima e dopo l’ignobile delitto. Concentriamoci invece sull’«argomento istituzionale» del «Resto del Carlino». Davvero Cofferati, non recandosi in Chiesa, ha inferto un vulnus all’unità civile di Bologna? Davvero sui sindaci di quest’Italia - e di ogni altro paese civile del mondo - incombe l’onere di santificare le feste religiose cittadine con la loro presenza fisica dinanzi all’altare e tra i fedeli? È vero.
Qualcuno dei sindaci nostrani, anche di centrosinistra, lo ha fatto platealmente e convintamente. Baciando persino le ampolle del miracolo, e obbedendo probabilmente a un imperativo di coscienza, o a un sentire popolare e popolano vissuto come inseparabile dalla propria storia laica. E inoltre - ampolle del miracolo a parte - conosciamo fior di cittadine «rosse» e laiche che santificano i fasti religiosi dei loro «Palii», con cortei di autorità comunali al seguito di cavalli da benedire in Chiesa. Perciò, nessuno scandalo laicista a riguardo. Ma voler fare di questo costume una norma istituzionale, che pieghi a sé la libera coscienza dei soggetti eletti, ha un solo nome: violenza simbolica integralista. Confusione forzosa di fede e istituzioni. Con il finto argomento «laico» di un valore impersonale e collettivo delle feste religiose. Che in tal modo diventano statualmente cogenti, e fonte obbligata di auto-riconoscimento collettivo. All’ombra della tradizione religiosa.
Già, perché è proprio questo il trucco con cui la destra rilancia nel nostro paese (e altrove) il confessionalismo: la tradizione. Ovvero: la libertà civile come radicata sull’elemento storico-religioso. E non già come universalismo laico e «pattizio». Emancipato ormai dalle matrici cristiane, e valevole per tutti. Sicché per questa destra si è liberi e cittadini soltanto onorando e coltivando il fondamento religioso particolare. Soltanto celebrando il primato civile della fede, con tutte le ricadute «laiche» che ne conseguono: no alla fecondazione eterologa, no alle coppie di fatto, etc. È un trucco che il coraggio «protestante» e inusuale di Cofferati a Bologna a suo modo svela e demistifica. Nell’Italia fino a ieri bonacciona e strapaesana di Camillo e Peppone. E oggi assediata dal confessionalismo della destra con la maschera laica
Alberto, ti prego, *ti prego*, basta fare di Cofferati un santino. Frasi come "il miglior sindaco d'Italia" sono pure pericolose e portano a una radicalizzazione inutile: semplicemente non sono giustificate per uno che è stato eletto solo tre mesi fa e che per ragioni connaturali alle strutture politiche nazionali (ma anche a una certa "calma") non ha in pratica ancora mosso un dito.
Sono convinto che sarà sì un ottimo sindaco, ma è meglio per tutti giudicarlo dai risultati e non a priori.
Su San Petronio: in città non frega niente a nessuno, ne parla solo il Carlino perché non ha più argomenti e non viene nemmeno spalleggiato dalla Curia...
Togli pure "il miglior sindaco d'Italia" che è un giudizio soggettivo (e in effetti anche Veltroni a Roma e Sturani ad Ancona stanno facendo molto bene) ma lascia il resto. Ha molta ragione Gravagnuolo: condivido il fastidio per le genuflessioni di Bassolino davanti a sangennari e vescovi inquietanti (simbolo - tra l'altro - di necessarie collusioni con le trame che infestano quella tormentata città).
Ma in questi tempi di "The Passion" e nuovi crociati che spuntano da ogni tombino, un piccolo gesto come quello di Cofferati ha un significato politico molto forte, anche se Bologna se ne fotte del santo. Una dichiarazione di laicità coerente che a sinistra dovrebbe essere pane quotidiano, ma non lo è.
Sergio Cofferati è una boccata d'aria pulita. Il triste è che riuscire a respirane un po' oggi faccia notizia, non che qualcuno come me ne possa gioire.