 «La giustificata voglia di dimenticare il peggio porta con sé la rimozione dell'orrore: i vent'anni di fascismo che stanno dietro, ma anche i fascisti reintegrati nella vita pubblica, nella politica. Uno Stato spudoratamente "etico", la stessa cultura giuridica, i comunisti perseguitati, ostracizzati, i Carabinieri, la celere di Scelba. I "favolosi" anni Cinquanta. E se lo Stato non è cambiato, è comunque riuscito ad appropriarsi del mito popolare partigiano, a farne pilastro portante di una rifonmdazione più apparente che reale, con una soluzione di continuità troppo scarsa rispetto al passato. Quando la mitologia popolare diventa Mitologia di Stato è già spacciata. Smette di essere patrimonio collettivo e diventa materia per omelie istituzionali, diventa Memoria: una triste religione laica, amministrata dai sacedoti di turno. E' così che dietro il "mai più!" proclamato dai palchi e dalle tribune, si nasconde la coazione a ripetere, la possibilità che tutto torni nelle forme nuove e assai più moderne, "democratiche", del presente che ci viene consegnato».
«La giustificata voglia di dimenticare il peggio porta con sé la rimozione dell'orrore: i vent'anni di fascismo che stanno dietro, ma anche i fascisti reintegrati nella vita pubblica, nella politica. Uno Stato spudoratamente "etico", la stessa cultura giuridica, i comunisti perseguitati, ostracizzati, i Carabinieri, la celere di Scelba. I "favolosi" anni Cinquanta. E se lo Stato non è cambiato, è comunque riuscito ad appropriarsi del mito popolare partigiano, a farne pilastro portante di una rifonmdazione più apparente che reale, con una soluzione di continuità troppo scarsa rispetto al passato. Quando la mitologia popolare diventa Mitologia di Stato è già spacciata. Smette di essere patrimonio collettivo e diventa materia per omelie istituzionali, diventa Memoria: una triste religione laica, amministrata dai sacedoti di turno. E' così che dietro il "mai più!" proclamato dai palchi e dalle tribune, si nasconde la coazione a ripetere, la possibilità che tutto torni nelle forme nuove e assai più moderne, "democratiche", del presente che ci viene consegnato».era piu' bella e spontanea la prima edizione (marco tropea)
No, era brutta e forzata e frettolosa e costava un occhio della testa. Questa ripubblicazione restituisce al libro il respiro che all'epoca non riuscimmo a dargli, e ha un prezzo calmierato. Inoltre, davvero, credo che la postfazione sia una delle cose più importanti che abbiamo scritto.
sara', ma vuoi mettere il fascino della prima edizione...
Eh sì, noi pochi eletti foraggiatori di Marco Tropea... :-)
eppoi la mia prima edizione era pure autografa!
(col timbro, ma si sa che i nomi non sono eterni)
:-)
ming ke ming fei chang ming