Piero il pio
di IDA DOMINIJANNI
Ruini non c'entra, sono stati i gesuiti a rafforzare la fede religiosa di Piero Fassino allevandoselo per nove anni in quel di Torino. La politica non c'entra, «la fede è un fatto personale e privato», per questo il segretario dei Ds non ne ha mai fatto professione pubblica, «perché sarebbe del tutto inopportuno e improprio». Però è alla radio, pubblica, che ora Fassino si confessa, rispondendo su fede e Pacs a Barbara Palombelli e avanzando l'idea che si possa fare «una equilibrata e giusta legge sulle coppie di fatto senza mettere in discussione la famiglia». I rutelliani Ccs al posto dei Pacs? E perché no, così anche le coppie di fatto resterebbero un problema privato senza rilevanza pubblica, come la fede di Fassino. I riti sono importanti per la politica laica né più né meno che per la religione. Periodicamente, i leader del principale partito della sinistra officiano messa variamente: vanno in visita dal papa con moglie e figli, dichiarano a Famiglia cristiana che la legge sull'aborto andrebbe un po' ritoccata, si rivelano credenti all'ora giusta. C'era una volta il dialogo fra comunisti e cattolici, ricorda sulla Stampa di ieri Pietro Ingrao, e c'è ancora, in posti seri come i seminari dai camaldolesi di Monte Giove dove si spacca il capello in quattro sulla politica della trascendenza e la trascendenza della politica. Troppa fatica: la genuflessione, l'ammiccamento, la conversione sono riti abbreviati che servono meglio alla bisogna. Che di questi tempi non è il dialogo con i cattolici, ma la rincorsa centrista al voto dei cattolici.
Il voto dei cattolici è in libera uscita nel mercatino politico bipolare dopo la fine dell'unità politica dei medesimi, che diversamente da quanto pensa Fassino aumenta, non diminuisce, l'influenza del Vaticano sull'elettorato, o almeno il suo protagonismo invadente. Monsignor Ruini impazza da mesi sulla scena politica italiana, ma Fassino, come pure Lucia Annunziata sempre sulla Stampa (di Torino), sostiene che è «infondato» parlare di ingerenza, perché è normale che la Cei abbia il suo punto di vista su questioni importanti come i Pacs. E certo che è normale. Ma non è normale che detti legge in materia di partecipazione al voto, come nel caso del referendum sulla procreazione assistita, e che esprima giudizi di costituzionalità delle leggi, come nel caso dei Pacs. In un paese normale, quello di dalemiana memoria, l'intero arco costituzionale, ammesso che ce ne sia ancora uno, si ribellerebbe a questa invasione di campo. In Italia invece il presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga ricorda a Romano Prodi i suoi «doveri» verso «la Chiesa d'Italia», dimenticandosi che la pur timida riforma del Concordato di vent'anni fa ha cassato dall'ordinamento la religione di Stato.
Una buona legge sulle coppie di fatto non si può fare senza mettere in discussione l'idea monolitica e preistorica di famiglia che la morale cattolica ci vuole imporre con la connivenza del perbenismo politico di destra, di centro e di sinistra. Piero Fassino farebbe bene a prenderne atto, come avrebbe fatto bene a prendere atto che sulla fecondazione artificiale non si poteva vincere senza nominare la libertà procreativa. Ci sono questioni di civiltà che non si possono affrontare con la strategia della riduzione del danno, senza mai alzare il tiro sui valori di fondo e lasciandone il monopolio alla Chiesa. La libertà, in democrazia, è uno di questi valori di fondo, e prima la sinistra ricomincia a pronunciare questa parola obsoleta e tradita, prima la sdogana dal lessico di Ruini, Berlusconi, Fini e Marcello Pera. Fra gli altri fattori che influenzano il voto, il leader Ds cominci a valutare anche il senso di asfissia che prende donne e uomini di questo paese a sentir parlare della famiglia come di una gabbia certificata e santificata, e di democrazia come di un vaniloquente dialogo senza punti e senza differenze. Quando fischiare un cardinale è considerato pericoloso e permale più o meno quanto gettare una bomba, un paese normale e perbene deve cominciare a chiedersi se non sia diventato un paese stupido.
Sottoscrivo interamente
"Da un dio all'altro: «Prenderò anche la nuova Punto - rivela Fassino - Da quando ho la patente ho sempre viaggiato in Fiat»." dal manifesto
'sti cazzi pure della fiat, aridatece l'alfa romeo di stato: innovazione tecnologica, ricerca e tanto spreco!
la 25sima ora....
a dire il vero il Sociale a Torino non mi è mai parso un posto di alta spiritualità (alte rette, sì).
Dopo il coming out religioso di Piero Fassino, sono tanti i leader (effettivi, aspiranti e in prova; destri e sinistri; mezzi destri e mezzi sinistri) che sentono di dover recuperare il terreno perduto, e si stanno a loro volta attrezzando per una rapida (e mediaticissima!) crisi mistica. Mobilitate all’uopo, le efficientissime strutture della Cei hanno giustamente previsto code e affollamenti, e quindi hanno subito predisposto un agile meccanismo di distribuzione di bigliettini numerati, un po’ come accade nelle salumerie all’ora di punta.
Il bigliettino numero 1 se l’è aggiudicato Francesco Storace, che si era astutamente acquattato per giorni interi lungo il colonnato di San Pietro. In vista della perdita dello scranno ministeriale (e non volendo certo finire come Sirchia, che si aggira spaurito nei supermercati, come aveva lui stesso suggerito ai pensionati italiani), Storace ha avuto un’idea geniale: vorrebbe riciclarsi, dopo le elezioni del 2006, come guardia svizzera. L’unico problema sembra esser quello di trovare una divisa della misura giusta: “Cronache da Bisanzio “ è in grado di svelare che, se la storica uniforme michelangiolesca non dovesse bastare, i sarti della Città del Vaticano sono intenzionati a ripiegare su una tenda da sole a strisce.
Subito dopo Storace, si è presentato Mastella, anch’egli bramoso di soddisfare i desiderata delle gerarchie. E così, in vista delle primarie, il leader beneventano ha immaginato (come evento clou della sua campagna anti-Prodi) una marcia da Telese a Loreto, scandita per metà da momenti di Canto Gregoriano e per metà da una tammurriata campana. Negli intervalli, sono previsti poderosi esorcismi, virulenti scongiuri e irriferibili riti apotropaici contro l’ingresso dei radicali nell’Unione. Gli appositi testi saranno scritti da Antonio Socci e recitati da Pupo.
Immediata la protesta di Pecoraro Scanio, che rischia di vedersi scavalcato da Mastella nella corsa delle primarie. E quindi, anche il vulcanico leader verde ha rotto gli indugi: da una parte farà travestire Grazia Francescato da Santa Maria Goretti, e dall’altra (per compiere un atto “forte” e polemico a sinistra) ha trafugato la collezione di colbacchi di Armando Cossutta (il quale ha colbacchi di tutti i peli: pelo di Astrakan, pelo di dissidente, pelo di Diliberto, eccetera) e si prepara a darli alle fiamme in una simbolica cerimonia di purificazione antitotalitaria.
“Sono le solite mistificazioni della sinistra”, ha però tuonato il Cavalier Berlusconi, che ha a sua volta pronta una contromossa geniale. Dalla prossima domenica, al posto di Platinette e Cecchi Paone, sulle reti Mediaset compariranno Bondi, Vito e Schifani travestiti da suore polacche: più paffuta Suor Bondi, più emaciate (ma combattive e ferrigne) Suor Vito e Suor Schifani.
Dinanzi a tutto questo, c’è grande soddisfazione al Foglio: “Le malmostose e palloccolose vestali del politically correct sono finalmente in minoranza”, recita un editoriale che sarà pubblicato domani. A onor del vero, resta grande l’incertezza dei redattori su cosa vogliano dire le parole “malmostoso” e “palloccoloso”, ma, quando c’è combattere una Guerra Kulturale, quando c’è da entrare a passo spedito nel Terzo Millennio, non si può stare troppo a sottilizzare. O no?
di Daniele Capezzone
Ci stanno deludendo ancora una volta.vedi politica estera.Di pietro sara silurato perche e un onesto.Pazzesco