Quegli sperperi dotti. L'aut-aut di Bottiglione.
di David Bidussa
Il ministro ai Beni Ambientali e Culturali, on. prof. Rocco Buttiglione, ha annunciato ieri che è pronto a presentare le sue dimissioni dall'Esecutivo di Silvio Berlusconi. La motivazione è determinata dai tagli alla Cultura previsti nella Finanziaria 2006 preparata dal Governo e prossimamente in discussione in parlamento.
"I tagli - ha precisato il Ministro - devono rientrare o il ministro dovrà cambiare. E ha proseguito: "I tagli hanno un valore simbolico elevato, ma hanno un peso quasi inesistente sul bilancio dello Stato. Bisogna investire di più nella cultura, ma rivedere il modo in cui si investe. Io non sono abbastanza bravo per realizzare le finalità istituzionali del Ministero con i fondi attualmente previsti".
Ci vuole tanto a dire "mi dimetto, non sono capace"? Evidentemente sì. In ogni caso le dimissioni si danno, di solito. Se si annunciano e poi si continua a parlare, vuol dire che non si ha intenzione di dare seguito alla dichiarazione. O si presume che ci siano margini per la trattativa. Infatti il Ministro non ha solo dichiarato di esser pronto a dimettersi, ma di essere pronto a recedere da questa intenzione se i tagli verranno ritirati o se avranno un forte ridimensionamento.
Con una sola mossa dunque il Ministro ha raggiunto vari obiettivi: 1) è uscito dall'imbarazzo di fronte al mondo della cultura che nei giorni scorsi ha protestato contro i tagli alla cultura; 2) ha scaricato la responsabilità del malessere sul governo; 3) si è procurato un attestato di fiducia da parte di chi si aspetta delle sovvenzioni e vive un momento profondo di fibrillazione.
Tutte cose che immediatamente permettono un incasso a cinque mesi dalla scadenza elettorale. Per di più la "battaglia della e per la cultura" si carica di valori simbolici difficilmente contestabili. Chi non è per favorire la cultura? C'è qualcuno che dica la cultura è inutile? O semplicemente affermi che è un lusso e dunque ne possiamo anche fare a meno?
Ma è davvero questa la posta in gioco quando si discute degli aiuti alla cultura?
Proviamo allora a distinguere. L'Italia è un paese che ha un patrimonio culturale enorme (artistico, architettonico, librario,,…) recentemente nella legge per la tutela è stato anche ampliato il concetto di patrimonio fino a includervi il paesaggio, l'ambiente, la natura. Come si vede un ventaglio ampio di ambiti e di settori.
La difesa e la tutela di questo patrimonio solo parzialmente rientra nell'ambito del Ministero diretto da Rocco Buttiglione. E' indiscutibile che per ciò che compete al suo Ministero Buttiglione debba legittimamente preoccuparsi dei fondi per la tutela del patrimonio. Invece, è molto più discutibile che la questione si concentri prevalentemente sulle attività, sui beni prodotti (per esempio film, opere teatrali, convegni con relativa pubblicazione di atti) oppure della qualità degli operatori (per esempio sovvenzioni a filarmoniche, compagnie,….).
Tutelare il patrimonio significa varie cose come sappiamo da anni. Significa promuoverne la conoscenza, valorizzarlo, diffonderne la fruizione. Tra l'altro implica favorire la modernizzazione della sua trasmissione (favorendo per esempio la fruizione on-line dei prodotti culturali). Ma questo non significa che si convoglino risorse finanziarie per la realizzazione di edizioni rare e di pregio, che si proceda interventi di restauro talora non necessari, quantunque meritevoli, che si finanzino parzialmente o interamente i progetti di opere teatrali o cinematografiche in nome della libertà della cultura.
Forse in tempi diversi - comunque in epoca di "vacche grasse" - si può anche soprassedere, ma in epoca di restrizioni e di difficoltà finanziarie occorrerebbe individuare una dimensione virtuosa del cosiddetto e spesso ripetuto "fare sistema". Solo che in questo caso "fare sistema" non significa costruire un complesso organico verticale che coinvolge l'ente di produzione e tutti i possibili partner finanziari per la realizzazione del progetto a cui chiedere aiuti. Significa, invece, pensare oltre il singolo ente promuovendo una produzione di consorzio paritetica tra enti (p.e. esempio gli enti lirici o i teatri stabili,…) in cui molte risorse possano essere messe in comune . Ovvero superando la condizione di guerra e di conflitto in cui ritorna l'Italia delle "cento città", e si promuove una economia della cultura fondata sul sistema partecipato. E' un'ipotesi, non è detto che funzioni, ma ci si potrebbe sempre provare. Forse permette di evitare la distribuzione a pioggia e di "accontentare gli amici". Non si tratta di essere bravi. Si tratta di crederci.
(faccio finta di non vedere mastella che si smarca follini che fa il lancio lungo e casini che segna) ma, veramente, esprimo il mio sincero rispetto per quello che sta facendo buttiglione. dico di piu', se potessi lo aiutarei in questa battaglia difficile.
mi spiace, sarà ancora più a destra di Buttiglione, ma io sono con Zeffirelli: prima ti occupi di pensioni, lavoro e sanità; poi mi fai pagare di tasse sul biglietto dei beni culturali il 7 e non il 30%; poi mi fai vedere dei film italiani non claustrofobici o politicizzati. E così, forse, si riparla della gente che aspetta finanziamenti "fibrillando".
Carolina
Kiedo xdono in anticipo: David 6 d Roma?E magari Giorgia d Milano t dice qsa..Lo so ke nn è proprio1grande intervento ma..