Si prega di non disturbare
di Marco Travaglio
Il Cavalier Bellachioma non gradisce che i Ds candidino Gerardo D'Ambrosio, e si può capirlo. Uno scappa per dieci anni dai giudici di Milano, e poi se ne ritrova uno in Parlamento, sia pure in pensione. Sono cose seccanti. Lui poi i giudici li preferiva corrotti: prima ancora di candidarli, li faceva pagare da Previti estero su estero. E D'Ambrosio, fra i vari difetti, ha anche questo: pare che sia sprovvisto di conti in Svizzera. Ma il suo probabile arrivo a Montecitorio disturba pure Piercasinando ("candidatura inopportuna"), lo stesso che dieci anni fa voleva candidare Antonio Di Pietro, all'epoca ancora magistrato: e non come deputato semplice, ma come leader del Polo. "Per Di Pietro - diceva il 14 aprile 1995 - ci vuole un ruolo di primo piano nell'alleanza di centro-destra, la sua collocazione più naturale. Dovrebbe essere uno dei leader della coalizione". Purtroppo Di Pietro rifiutò, e Piercasinando dovette ripiegare su magistrati come l'ex pretore Melchiorre Cirami, che ha ben meritato con la legge omonima. Ultimamente, però, il presidente della Camera ha una spiccata predilezione per gli imputati. Da Cuffaro in giù. Queste sì che son candidature "opportune".
E poi c'è Enrico Boselli, che al congresso dello Sdi tuona contro D'Ambrosio tra i fischi del pubblico (a D'Ambrosio, si capisce, non a lui). Farfuglia di "giustizialismo", contrappone D'Ambrosio ai "principi della cultura liberale", mentre il prode Ottaviano Del Turco parla di "fatto allucinante". Resta da capire se Boselli e Del Turco siano gli stessi che il 19 gennaio 1999 accolsero a braccia aperte nello Sdi Tiziana Parenti, ovvero la ex pm di Mani Pulite che nel '94 si era candidata (senza dimettersi da magistrato) con Forza Italia mentre indagava, col successo che tutti conoscono, sulle tangenti rosse, e che poi di transumanza in transumanza era approdata prima all'Udr con Cossiga e Mastella, poi al gruppo misto e infine nel partito dei nostalgici di Craxi. Quel giorno Boselli volle solennizzare l'epocale evento con una conferenza stampa, in cui si rallegrò perché "arriva fra noi una voce libera, una parlamentare che ha sempre sostenuto battaglie di libertà. Con lei abbracciamo idealmente quei tre milioni di elettori socialisti che nel '94 e nel '96 hanno traslocato nel non-voto o nel centrodestra, quegli elettori che non si riconoscono nella sinistra di Bertinotti, Cossutta, Veltroni e D'Alema". Sia Boselli sia la Parenti giurarono che quella era una "scelta definitiva". Tant'è che nel 2001 lo Sdi le offrì una candidatura in Toscana. Lei però, che nel frattempo era stata indagata a Genova per una brutta storia di carabinieri e malavita, rifiutò. E poco dopo ricominciò a transumare (ultimamente era sull'uscio della Margherita, insieme a Enrico Manca e Agata Alma Cappiello, e chiedeva di entrare). Scelta "definitiva" anche quella, si capisce.
Ecco, piacerebbe sapere perché mai candidare il pensionato D'Ambrosio è un grave sintomo di "giustizialismo" e una negazione dei "princìpi della cultura liberale", mentre candidare la Parenti no. Salvo che un giudice, per potersi candidare, non debba prima dimostrare di avere un'inchiesta in corso e di aver combinato poco o nulla. Nel qual caso, in effetti, D'Ambrosio sarebbe privo dei requisiti. Resta il fatto, piuttosto curioso, che Boselli tenta da una vita di ingaggiare Gianni De Michelis, titolare di due condanne definitive, una per finanziamento illecito e l'altra per corruzione. E se Gianni avesse accettato? E se un domani accettasse? In base a quale principio liberale Boselli e Del Turco potrebbero spiegare il loro no a un magistrato integerrimo (e financo incensurato) e il loro sì a un pregiudicato? Un altro insigne esponente dello Sdi, Ugo Intini, l'altro giorno era alla convention dei socialisti di Bobo che, appena alleatisi con lo Sdi, ne sono subito fuggiti e ora navigano verso Mastella. Al suo fianco sedevano Carmelo Conte, imputato di camorra, e Giulio Di Donato, pluricondannato per le mazzette napoletane. Una bella rimpatriata. Fortuna che non è entrato D'Ambrosio, altrimenti scappavano tutti. O almeno fischiavano. Strano paese, l'Italia. Come dice Davigo, "nei paesi seri i diritti politici li tolgono ai delinquenti, in Italia ai magistrati". O, per dirla con Ellekappa, "non sta bene candidare i magistrati in pensione. Disturbano gli imputati in attività".
Direi di leggere anche questo editoriale di Pivetta.
http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=EDITO&TOPIC_TIPO=E&TOPIC_ID=47248