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Alberto Biraghi
E' finito il tempo degli scherzi

Alle prossime elezioni la destra si presenterà con un leader le cui fortune sono cominciate con ingenti flussi di denaro di provenienza ignota. Che ha avuto per anni un boss mafioso travestito da stalliere nella sua villa. Che ha frequentato Marcello Dell'Utri, Cesare Previti, Bettino Craxi, Silvano Larini, Licio Gelli, Flavio Carboni e Gianpiero Fiorani. Che è titolare di sei prescrizioni per corruzione giudiziaria e falso in bilancio. Uno amnistiato e depenalizzato, circondato da collaboratori che trattavano con la mafia, corrompevano giudici e ufficiali della Finanza, emettevano false fatture, frodavano il fisco, truccavano bilanci, accumulavano fondi neri. Iscritto a una loggia massonica eversiva. Un presidente del Consiglio che elogia il lavoro nero e l'evasione fiscale, che giustifica la corruzione e ha portato in Parlamento, al governo o nello Stato una cinquantina di suoi avvocati e dirigenti aziendali. Che ha fatto approvare 30 leggi per risolvere le sue pendenze. Uno entrato in politica con 6 mila miliardi di lire di debiti e che ne esce (si spera) enormemente più ricco. Che riabilita Mussolini, si allea con i fascisti e i nazisti.
Questo signore, Silvio Berlusconi, ha anche comprato un pacchetto di intercettazioni telefoniche sulla vicenda Unipol-Consorte. Una parte l'ha già fatta uscire, senza troppo successo, un'altra pare che stia per essere pubblicata dal quotidiano della sua famiglia, Il Giornale, forse anche tra qualche ora (scriviamo alle 00:40 di domenica 2 aprile).
Inopportunità e mancanza di trasparenza della vicenda Unipol sono aspetti su cui - presumiamo - si è tutti d'accordo. Gli entusiasmi dei leader del centrosinistra sul possibile successo di una scalata quantomeno discutibile («allora abbiamo una banca!») hanno lasciato l'amaro in bocca a molti di noi. Ma - così come avvenne con Sme prima, con Telekom Serbia poi - anche sulla vicenda Unipol non è emerso alcun rilievo penale a carico dei nostri leader. Consorte avrà pure fatto dell'insider trading coi suoi sodali, si sarà pure arricchito, ma non esiste alcuna prova (né il minimo indizio) che parte di quelle ricchezze siano finite abusivamente in mani diessine.
Eppure, quando le corazzate mediatiche della destra ritireranno fuori l'accusa, ci sarà chi cascherà nella trappola.
L'immondezza di Silvio Berlusconi - opportunamente preparata con due settimane di tormentone su “Coop rosse” e orrori del comunismo - sarà il tentativo estremo di un personaggio infido e infame per non perdere le elezioni e quel potere di cui ha bisogno per continuare a salvare il culo proprio e quello dei suoi sodali. Non crediamogli. Non facciamo il suo gioco e rimandiamolo ad Arcore.
PS: le informazioni sulla carriera di Berlusconi del primo paragrafo sono tratte dall'articolo di Marco Travaglio "Comprereste un Bellachioma usato?" pubblicato sabato 1 aprile su l'Unità.