Partito democratico, strada in salita
di David Bidussa
C'è una gran premura a proposito del partito democratico e non sono convinto che l'operazione rischi di partorire un defunto se non avviata in tempi brevissimi.
Da almeno un quindicennio stiamo cercando qualcosa che sostituisca il partito politico di massa che abbiamo conosciuto nell'Italia della Prima repubblica. Fino ad oggi non ci siamo riusciti e per molti aspetti stiamo ancora navigando a vista da una forma partito a un'altra (o da un nome a un altro) in attesa che una cosa si trasformi in qualcosa.
Se c'è una regolarità in questo quindicennio questa è proprio nell'assenza di strutture di partito. Questo scenario si è ripetuto costantemente sulla base di alcune premesse: la necessità di fondare rapidamente un soggetto politico cui affidare in maniera religiosa il futuro collettivo; la indeterminatezza delle sedi di discussione all'interno delle quali quel soggetto politico avrebbe dovuto prendere corpo; la permanenza di attori - individuali o di gruppo ristretto - che molte volte si sono ripresentati sostenendo la necessità di dare forma e contenuto a una “nuova cosa”. Il partito democratico - la “cosa di questa volta” - sembra seguire le stesso copione.
Il partito democratico appare privo di una fisionomia concreta. Sembra una realtà virtuale, una desiderio mediatico, un oggetto discusso sulle pagine dei giornali e non nella realtà sociale. Da ultimo si profila come una realtà senza un ceto politico, o meglio privo di una classe dirigente. Non è positivo.
Un partito politico in età moderna si configura in base a un processo selettivo che esprime un gruppo dirigente che nasce in relazione a una discussione pubblica, a una mobilitazione, a un confronto su temi. Non è il risultato di un' autodesignazione. Se questo avviene o esprime la configurazione sociale del Paese (Forza Italia nasce così), o il suo destino è quello di non crescere, ovvero di rimanere un partito di appartenenze (i partiti localistici sono questo). Il partito democratico ambisce ad essere un partito di opinione. Perché sia così occorre un gruppo dirigente culturalmente solido. C'è oggi in Italia - al di là di alcuni nomi - un attore politico di questo tipo?
Forse ci sono dei gruppi locali, delle individualità di rilievo. Ma un gruppo dirigente non c'è. E' così perché la macchina dei partiti politici, è stata da tempo smantellata. La sua sostituzione con i meccanismi di cooptazione come è avvenuto per l'attuale parlamento in conseguenza della legge elettorale, non ha dato una nuova classe dirigente. In alcuni casi ha premiato i migliori, in molti casi ha premiato la fedeltà alle segreterie o alle oligarchie. Si può dire che di per sé rappresenti un gruppo dirigente e sia perciò un ceto politico? Al di là di alcune pregevoli eccezioni, credo sia difficile sostenerlo.
Un partito moderno nasce sulla base di un confronto interno tra gruppi in relazione a programmi e valori. Si misura e si forgia in un tempo che ne consente anche la selezione di individui e di temi. In quel tempo si consumano lotte, si confrontano esperienze e si costruiscono culture politiche.
Non solo. Oggi all'area che è interessata e coinvolta nel processo di definizione del futuro partito democratico ha anche la responsabilità del governo del paese.
Sarebbe facile indicare nella esperienza di questo governo e nella sua durata la sostanza del futuro partito democratico.
Sarebbe tuttavia un errore. Un partito non è un programma di governo e non si riduce né si sovrappone a una piattaforma programmatica. Un partito è la creazione di un gergo politico, di un calendario civile, di un'idea di gruppo umano. Un partito è per quanto aperto un'associazione volontaria, club elettivo direbbero alcuni, in cui ci si riconosce perché fonda valori condivisi tra gli iscritti volontari (e si spera “entusiasti”) di quel club.
Un governo è altra cosa. Un governo, infatti, esprime un programma fondato su alcuni criteri, rivolto a interloquire anche con un'opposizione politica nel paese. Il suo problema non è avere un programma politico, ma avere un progetto di sviluppo operativamente perseguibile. Pur su alcuni criteri guida, è bene che quella cosa che è il governo, appunto governi. E si limiti a svolgere bene quel compito. Senza eccessive fantasie. E soprattutto senza distrazioni ( per questo è un buon segno la decisione di Romano Prodi di non andare “A porta a Porta”. Qualcuno che lavori ci vuole).
Sarebbe bene che questa distinzione fosse chiara nei prossimi mesi. Non è solo un problema di ruoli. E' anche un problema di individui. E' per questo che fondare un partito non sarà né rapido né agevole.
Il Partito Democratico è una follia: unire tutta la sinistra per creare una moderna forza socialista. Quello sì che è un desiderio condiviso dalla base.
vorrei essere ottimista.
posso ?
a quanto pare o sono ottimisti tutti o lo sono solo io.