
Corre il lontano 1999, l'epoca della "bolla Internet", quando un gruppo pubblico-privato (AEM da un lato, Micheli, Scaglia & C, ovvero e.Biscom dall'altro) con notevole fiuto dà vita alla più innovativa MAN (Metropolitan Area Network) del mondo, basata su giga ethernet e cavi in fibra ottica. Sono create due società per azioni: Metroweb SpA (l'infrastruttura, a maggioranza AEM, cioè pubblica) e Fastweb SpA (i servizi, a maggioranza privata, cioè e-biscom). Le azioni e.Biscom sono tanto richieste che vengono sorteggiate in IPO e chi riesce ad accaparrarsene qualcuna pensa di aver vinto la lotteria. Il progetto è (apparentemente) semplice: Metroweb investe e crea l'infrastruttura che affitta "spenta" a Fastweb, la quale la accende, vende i servizi, paga Metroweb, incassa l'utile e tutti son contenti. In realtà le cose non vanno esattamente così.
Metroweb comincia subito i lavori, massacrando la città e l'hinterland (e anche la pazienza dei cittadini) con oltre 800 cantieri, provocando disagi enormi e qualche danno permanente per stendere quasi 250mila (hai letto bene) km di fibra ottica. Un investimento enorme, che porta Metroweb a indebitarsi pesantemente (fino a 200 milioni di euro) in relazione al fatturato di 44 milioni, al margine operativo lordo di 28 milioni e al reddito di poco meno di 5 milioni, insufficienti a far rientrare l'indebitamento (fonte:
Yahoo Finanza. Le ragioni: Metroweb chiede a Fastweb canoni di affitto dell'infrastruttura troppo bassi (i dati non sembrano disponibili), forse addirittura in perdita, visti i prezzi competitivi praticati da Fastweb agli utenti.
A un certo punto, con una complessa, discutibile e discussa operazione avvenuta nel marzo del 2003 le due società si scambiano le quote di minoranza: e.Biscom raggiunge il 100% di Fastweb e AEM il 100% di Metroweb. Come dire, il privato (e.Biscom) si becca la parte che produce guadagni (Fastweb) e il pubblico (AEM) si becca la macchina mangiasoldi. Metroweb continua, incredibilmente, a chiedere prezzi irrisori. Proviamo a fare un parallelo con il tennis: anche in un momento di crisi il negozio di articoli sportivi che vende le racchette Prince a un quarto del prezzo di mercato, ovvero a metà del prezzo di acquisto, ne venderà uno sfacelo.
Chi vende le Prince sottocosto a quel negoziante, permettendogli di fare affari d'oro? Metroweb (cioè il suo analogo nelle racchette da tennis). Perché lo fa? Ogni ipotesi è buona, dal camion di Prince fatto sparire dalla banda dell'Ortica alla carità di uno zio che vuole far contento il nipote negoziante.
Dunque dal 2003 a oggi Metroweb continua a praticare prezzi illogicamente bassi a Fastweb (e a vendere le briciole ad altri a cifre che si dicono almeno triple) garantendole un successo artefatto, ma - quel che più conta - rinunciando ad avviare un doveroso e indispensabile ripianamento del debito nei confronti di AEM, che resta brutto-stabile: 200milioni a fine 2005.
Ma che succede tutto a un tratto? AEM decide di mettere all'asta le azioni di Metroweb, adduceendo come scusa il forte indebitamento. Un indebitamento che esisteva pari pari quando le stesse persone hanno deciso di acquistare le azioni ancora sul mercato e che - soprattutto - non è stato ripianato con una gestione che ha dell'incredibile. L'asta pare abbia fatto emergere la società inglese di private equity Sterling Square che - stiamo verificando, ma pare che sia proprio così - ha una consistenza più o meno pari al costo delle azioni metroweb. Ovvero: c'è dietro qualcuno che non vuole apparire. Tra l'altro si dice anche che esponenti del management Fastweb passerebbero a Metroweb dopo il passaggio di proprietà. Perché? Cosa c'è sotto? Perché tutta l'operazione è stata decisa in un silenzio quasi totale?
Una storia bizzarra, su cui ieri Davide Corritore ha presentato un documento firmato da tutti i capigruppo d'opposizione che chiede l'audizione di Giuliano Zuccoli, presidente di AEM: «Siamo perplessi - dice il documento - sul metodo della cessione, soprattutto perché tutto è avvenuto nel silenzio più totale. Vorremmo capire le ragioni di questa scelta dell'Aem, conoscere il prezzo del contratto, le modalità della cessione e chiediamo informazioni sull'acquirente». La proposta ha trovato ampio consenso anche nella maggioranza, che sembra intenzionata a sostenere l'iniziativa di Corritore a tutela del patrimonio infrastrutturale della città.
Un'ultima considerazione: se Metroweb andasse in mani private non potrebbe continuare la politica di dumping o quasi a vantaggio di Fastweb (si suppone che chi ci investe voglia fare utili), ovvero si troverebbe a dover rivedere tutti i propri piani tarriffari. Una vicenda che dimostra chiaramente come l'immagine di Rete come bene pubblico sostenuta da DavideCorritore per tutta la campagna elettorale fosse tutt'altro che azzardata.
PS1: Questa storia è anche un fulgido esempio di commistione tra pubblico e privato, senti qua. Il portavoce di Fastweb è il nostro beniamino Sergio Scalpelli, già assessore della giunta Albertini. L'Amministratore delegato di Fastweb è Stefano Parisi, city manager nella stessa giunta. Ma soprattutto, presidente di Metroweb è l'ex portavoce di Albertini, Aldo Scarselli. Come dire:
una persona che partecipò attivamente alla nascita di Metroweb, oggi come AD di Fastweb ne sfrutta le infrastrutture a due lire.
PS2: e se il Comune acquistasse il 51% di metroweb? I soldi - considerando la chiusura in disavanzo attivo dell'anno scorso - ci sono. Sarebbe un modo per risparmiare ai milanesi la beffa di aver subito anni di disagi per cablare la città e perdite incomprensibili per ritrovarsi con un pugno di mosche e le bollette Fastweb più salate. E in più sarebbe un primo passo concreto verso quell'idea di Internet come bene pubblico che Corritore ha lanciato e sostenuto con tenacia in tutti questi mesi.