
Quando compare in aula Letizia Moratti, Zuccoli avvia il suo intervento, raccontando - a modo suo - la storia della startup di Fastweb e Metroweb, a partire dal sodalizio di AEM con la e.Biscom di Silvio Scaglia e Francesco Micheli, avvenuto, secondo Zuccoli, "quasi per caso, proprio mentre AEM immaginava nuovi percorsi innovativi". Nientemeno. In realtà AEM restò della partita quel tanto che bastava a pagare l'infrastruttura, assistere all'esplosione in borsa di e.Biscom senza fare un plissè né guadagnarci una lira, far accumulare a Metroweb un bel po' di debiti affittando fibra spenta a Fastweb sottocosto o quasi, finalmente cedere le proprie azioni di Fastweb a e.Biscom e rilevare le proprie in mano loro, ripulendo Fastweb da una partecipazione in perdita e beneficandone i proprietari, grazie a un pacchetto di azioni arrivate a valer oltre 360 volte il prezzo pagato ad AEM. La decisione che arriva oggi di vendere Metroweb è incomprensibile: dal bilancio consolidato del 2005 risulta che l'azienda comincia a fare utili, la bassa percentuale di utilizzo della banda garantisce la possibilità di aumentare le vendite, le prospettive del mercato sono più che buone. Ma secondo Zuccoli "AEM non ha le competenze per gestire quel business".
Primo a intervenire è Davide Corritore, che pone a Zuccoli le domande che chiunque si aspetta: chi è l'acquirente, che garanzie vengono date sull'utilizzo della rete da parte del comune, quando verrà formalizzata la vendita, a che prezzo. Domanda anche come si è svolta l'asta, di cui - nonostante la millantata "trasparenza" - non si sa nulla e manifesta stupore sia per il fatto che alle istituzioni non è stato dato modo di partecipare, sia per le caratteristiche dell'ipotetico acquirente, un piccolo fondo inglese la cui consistenza patrimoniale è esattamente pari all'investimento necessario all'acquisto di Metroweb. Finalmente chiede come mai nel 2002 AEM ha acquistato le quote residue e oggi ribalta la strategia, mettendo in vendita l'intero pacchetto, ma contemporaneamente dichiarando di volerne ricomprare il 30%.
Basterebbero le risposte alle domande di Corritore e la commissione avrebbe completato il suo lavoro. Ma quando la parola torna a Zuccoli, accade quello che il cittadino che non bazzica i teatrini del potere non può comprendere. Perché il presidente non dà una risposta che sia una. Racconta di tutto e di più, le cose fatte da AEM coi soldi incassati per le quote Fastweb, il successo delle startup, l'energia elettrica eccetera. Della vendita di Metroweb si limita a dire che "non è ancora stato firmato un contratto, ma si è decisa una pausa di riflessione" e che "non parla di cifre per non danneggiare l'azienda". Arriva addirittura ad alzare il tono, minacciando chi "ha fatto uscire notizie riservate" e avvisando che la società "sta indagando per individuare i responsabili". Straordinario.
Quello che c'è di più straordinario però è la reazione della commissione. Gli interventi che seguono quello di Zuccoli si possono riunire in tre gruppi: (1) gli allineati della CdL, per esempio Fidanza e Gallera, che fanno lunghe premesse e inseriscono solo qualche generica richiesta di garanzie. Nonostante abbiano firmato la petizione per l'audizione, è chiaro che hanno avuto ordini di scuderia, Zuccoli evidentemente è molto protetto. (2) I non allineati della CdL (De Angelis, Pagliarini, Triscali), che fanno domande più dirette, soprattutto sull'ordine di cifra che AEM prevede di incassare. (3) L'opposizione (Colombo, Majorino, Milly Moratti, Rizzo), che ribadisce le domande di Corritore.
Ma Zuccoli ancora non fa una piega. Riprende la parola e ripete il discorso di prima. Rivendica la bontà del suo operato, definisce AEM inadeguata a gestire il business di Metroweb, dichiara che comunque è stata decisa una pausa di riflessione. C'è ancora qualche scambio di battute, Corritore ci riprova, sconcertato, Pier Majorino lo sostiene, ma inutilmente. Zuccoli si alza e se ne va, addirittura rispondendo "è una balla" a Renzo Redivo della RAI che gli chiede se è vero che qualcuno ha fatto molti soldi con lo scambio di azioni tra Fastweb e Metroweb.
Cosa è successo? La storia di Fastweb e Metroweb è costellata di punti oscuri, dubbi e nomi ricorrenti, tutti legati agli stessi gruppi di potere, guadagni privati e perdite pubbliche. Da anni Basilio Rizzo racconta storie di buste e tangenti note ai giudici, ma indimostrabili perché "nessuno parla". La sensazione è che Zuccoli ci abbia provato e che per puro caso - qualcuno l'ha visto - gli sia andata male. Una cosa è certa: senza Metroweb pubblica che le vende la rete sottocosto, Fastweb è morta e sepolta. Al momento è impossibile ipotizzare le motivazioni reali e gli attori dell'operazione, anche se è chiaro che Zuccoli non è credibile. A questi livelli non si acquista il 100% di un'azienda per divorziare da un partner, non si decide tre anni dopo di non essere capaci di gestire quel business, non si fa un'asta senza avvisare i partecipati di riferimento (il comune di Milano), non si vende il 100% per riacquistare il 30% subito dopo con l'unico motivo di imporre all'acquirente il rispetto delle garanzie. Soprattutto, non si blocca una vendita già praticamente conclusa solo perché qualcuno in consiglio per caso se ne accorge.
Resta ora da vedere se Letizia Brichetto Arnaboldi Moratti farà passare la cosa in giunta, benedicendo l'operazione di Zuccoli, o se la lascerà andare in consiglio comunale. Dovremmo saperlo oggi.
Chiudiamo con una riflessione. Assistere alla commissione di ieri è stato sconfortante per l'assoluta incompetenza dimostrata dagli attori, Corritore escluso. Tonnellate di parole inutili e nessun contenuto. Il livello di informazione medio è da trafiletto delle pagine locali dei quotidiani. Abbiamo sentito di tutto e di più, chi dice che la fibra "sarà strategica per le diagnosi a distanza", chi che "l'ADSL le farà concorrenza", chi sostiene che "l'infrastruttura non conta ma contano i contenuti": la sequela di banalità è infinita e sconfortante. Non è esente il presidente di AEM, che arriva a dichiarare che la rete in finra "non è monopolio naturale". Qualcuno gli suggerisca di ripassare il Bignami di economia.
Sappia dunque il cittadino che il futuro della sua città è deciso da persone che non ne sanno niente, ma proprio niente. Di niente. O, in alternativa, da persone che sanno, ma non dicono, forse per fare i comodi propri, forse quelli del potente di turno. Al cittadino resta l'importante compito di pagare le bollette e il grave rischio di perdere il treno dell'innovazione. Nonostante abbia già pagato il biglietto di prima classe.