Ogni tanto, qualcuno fra i cantori dello "stato minimo" e della "deregulation" se ne vien fuori con la proposta di abolire le provincie; anche recentemente, l'idea è stata rilanciata da Carlo Tognoli, col fine di ottenere "riduzione della spesa pubblica". Gli argomenti mi paiono superficiali (a voler essere benevoli), ma il tema di un riordinamento delle autonomie locali, invece, è serio. Dalla Pubblica Amministrazione dobbiamo pretendere innanzitutto "efficacia", cioè capacità di soddisfare i bisogni e le richieste dei cittadini, poi anche "efficienza" cioè capacità di raggiungere i propri obiettivi spendendo il minimo a parità di risultato. L'Ente locale però, per capire i bisogni dei cittadini e modellarsi per rispondervi, deve anche avere un "autogoverno democratico".Le provincie diventano inutili e costose soprattutto se vengono moltiplicate all'infinito con i relativi uffici previsti dall'attuale normativa, mentre vengono diminuite le vere competenze. Attenzione ad ipotesi di decentramento dei servizi comunali, perché non sempre è un modo di avvicinare l'istituzione Comune al cittadino. Negli anni '60 l'anagrafe meccanografica del Comune di Milano in via Larga soddisfaceva con rapidità ed efficienza le esigenze di circa 1.600.000 abitanti, molto meglio degli uffici decentrati, dove è problematico anche avere una semplice spiegazione. Sottoscrivo l'ipotesi di un riassetto territoriale politico e gestionale, che deve essere fatto soprattutto tenendo conto delle esigenze socio-economiche, della viabilità,
della densità di popolazione. Tuttavia nell' UK, in Francia, in Germania non si ritenuto di superare counties, arondissements e lander: l'eficiezza è anche una forma mentale e gli sprechi di risorse economiche ed umane si hanno con qualunque organizzazione.
Come dire: invitato a nozze.
La legge istitutiva delle regioni prevedeva l'ablizione delle province. Inutili al punto che, negli ultimi tempi, ci si è scervellati a cercar loro qualche funzione (tipo la gestione delle strade provinciali).
Il guaio è che attualmente esiste un'idea di decentramento che pensa alla moltiplicazione delle sedie per i politici; la mia opinione è che la gestione delle cose (la loro organizzazione) può essere anche decentrata, ma le strategie e le decisioni devono essere centrali. In particolar modo, poi, le leggi. Istruzione , lavori pubblici, ricerca etc. devono rispondere a poche norme nazionali; l'idea che ogni regione o provincia si faccia le sue è ridicola.
Infine una nota: più il potere è lontano più l'individuo è libero, più il potere è vicino più la comunità finisce col soffocare i diritti individuali. Classico esempio lo sceriffo americano che dice in questa città non vogliamo capelloni o nullafacenti.
in questo periodo i post di Paolo mi piacciono un casino. bene.
Carolina
BRAVISSIMI!!!!
E dove appoggeranno poi i loro santi culi gli attuali esponenti delle indispensabili province, comunità montane, aziende e comunità di ogni genere che rendono cospicui emolumenti ai possessori dei detti culi?
boh... in qualche associazione di volontariato? sarebbe tanto grave? io lo faccio tutti i giovedi sera, il mio compagno per 22 ore settimanali oltre le 60 di lavoro settimanali... al nostro attivo abbiamo qualche americano umanizzato, alcuni "terroni" corretti nella postura, certi arabi e consorti anche italiane ancora vivi (non si sono suicidati), e perfino un ebreo che si è convinto che nell'Italia del 2007 non tutti gli attribuiscono liaisons dangereuses con i Bush e con i Majorino...
Carolina