Nel mondo nuovi scenari, ma l'Ue sta a guardare
In questi giorni l'attenzione mediatica sul viaggio del presidente iraniano Mahmud Ahamadinejad in America Latina si è concentrata soprattutto sulle sue dichiarazioni congiunte con Daniel Ortega, Presidente del Nicaragua e con Hugo Chavez, presidente del Venezuela a proposito degli Stati Uniti e della necessità di lanciare un fondo di finanziamento per i paesi del Terzo mondo.
Forse sarebbe il caso di prestare attenzione ad altri fenomeni e ad altri segnali che giungono dall'Iran e sulla scorta di quei segnali tentare di comprendere non solo la strategia comunicativa di Ahmadinejad, ma anche come replicargli.
Dallo scorso dicembre varie cose sono avvenute in Iran. Noi non sappiamo più niente della sorte degli studenti che lo hanno contestato il giorno dell'apertura del convegno negazionista a Teheran - lo scorso 11 dicembre, ma la notizia, diffusa o meno all'interno del paese, non era un'eccezione. Costituiva un primo segnale. L'Iran non era più solo l'entusiasmo delle sue piazze.
Poi ci sono state le elezioni del 15 dicembre scorso con la vittoria dei suoi avversari nelle elezioni locali e quella del suo avversario Hashemi Rafsanjani nella cosiddetta “Assemblea degli Esperti” - una realtà composta di 86 teologi che hanno il compito di eleggere, se necessario, la “Guida suprema”.
Poi il 10 gennaio c'è stato un documento firmato da 150 parlamentari - tutti appartenenti all'area politica di Ahmadinejad - che hanno dichiarato il fallimento della sua politica sociale; hanno richiesto che la campagna sul nucleare sia fermata, e hanno confermato che il disagio economico e sociale di un paese che misura il suo benessere non sulla sfida atomica ma sulla capacità di mettere insieme un bilancio mensile per la famiglia.
Il documento non rappresenta solo un'iniziativa di esponenti parlamentari. Due dei quotidiani che con maggior impegno e costanza l'hanno sostenuto politicamente - “Jamhouri Islami” e “Hamshari” di fatto hanno amplificato e sostenuto questa protesta. Del resto i dati sono incontrovertibili. La disoccupazione è in aumento (il dato ufficiale la indica al 12%), l'inflazione è in netta crescita, mentre non è all'ordine del giorno un aumento dell'esportazione del greggio. L'inverno mite ha costretto a ridurre di 8 dollari il prezzo del greggio. I dati sociali e quelli politici dicono dunque che questo non è un momento buono per Ahmadinejad.
Perché questo scenario non è il tema in discussione in questi giorni? Si potrebbe osservare che questo è l'ennesima dimostrazione dell'incapacità dell'Europa di proporre una politica d'intervento non necessariamente militare che contemporaneamente risponda alla proposta dell'Amministrazione Bush di impegnarsi militarmente in forma più consistente.
Certo nella risposta americana c'è la replica alla linea di mobilitazione propagandistica che in questi giorni nelle capitali dell'America latina vede Ahmdinejad andare a proporre una sorta di nuovo fronte antimperialista (con Chaves, Morales, Ortega e forse Correa). Una situazione che vede Chavez, muoversi per candidarsi a succedere a Fidel Castro nella figura di leader dell'”Altra America”.
Eppure nella risposta dell'UE, così come nella situazione di crisi somala, un intervento e un sostegno che dovevano vedere in prima file noi europei e su cui abbiamo brillato per la nostra assenza, non c'è solo un rifiuto a priori del confronto armato. C'è anche un'incapacità di avere una politica nei confronti degli Stati Uniti, una politica che contemporaneamente ne subisce l'iniziativa militare nei momenti della propria debolezza, e ne sollecita la sospensione, non trovando una forma di politica concordata, nei momenti di crisi interna dell'opinione pubblica americana.
Il risultato, in prospettiva, è che quel ritiro di impegno rischia di colorarsi di una possibile tentazione neoisolazionista con noi di nuovo incapaci o non decisi ad assumere la responsabilità di fronteggiare una politica che alle porte di casa nostra non sarà pacificata. Un circolo vizioso che per ora non si rompe.
20.01.07 00:56 - sezione
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