«Dimettermi? No, mi diverto sempre più». Il commento del (sempre molto intelligente) truffatore che Letizia Moratti ha inopinatamente piazzato sulla poltrona di assessore alla (si fa per dire) cultura ha risposto così a chi gli chiedeva se, forse, vista la figura che definire da peracottaro è essere generosi, non fosse il caso di tornare ad altre attività meno dannose per Milano. L'idea che uno faccia l'assessore per "divertirsi" la dice lunga sul livello umano, politico e civile di questo figuro. Per contro, la vicenda della mostra sull'arte omosessuale - opportunamente interfacciata con i tiramolla sul ticket antitraffico - la dice lunghissima sul regime cattopetrolifero che stritola Milano. ne parla oggi Oreste Pivetta su l'Unità.
Moratti, una madre badessa a Milano
di Oreste Pivetta
Vade Retro. Una mostra che fu. Aggiungiamo: Satana. Siamo all’attualità. Vade Retro Satana, perfetta sintesi della cultura (ci si scusi per l’uso improprio del termine) che sa esprimere il primo cittadino di Milano, Letizia Moratti, in arte «Suor Letizia del Convento delle Carmelitane», insieme con alcuni suoi comprimari di giunta, salvo poche eccezioni e tra questi l’assessore competente, Vittorio Sgarbi, inventore di «Suor Letizia», che ha rivendicato una nuova delega: capo della commissione censura (già governa la commissione toponomastica).La mostra che si doveva inaugurare a Milano, dentro le sale di Palazzo Reale, e che non verrà mai inaugurata (almeno nella capitale del cosiddetto Nord progressivo e illuminato) ha un sottotitolo che spiega tutto: «Arte e Omosessualità». Essendo Milano città da primati, la Moratti ne ha voluto aggiungere uno: non s’era mai visto un sindaco (e che sindaco) girare tra cataloghi e saloni d’arte con il dito puntato a bacchettare «questo sì, questo no» e invece è successo anche questo. S’era cominciato con la scultura che raffigurava Ratzinger biondo platino in calze autoreggenti: blasfema. Se l’è portata a casa Sgarbi (che l’ha comprata). Suor Letizia ci ha preso gusto, tralasciando gli affari e i comitati d’affari che gli stanno a cuore. Una distrazione di poco momento, per poter tagliare di qui e sforbiciare di là. E così s’è sommata alle prime (c’era anche un Sircana cancellato da Sgarbi, perchè brutto) qualche altra epurazione. A difesa della morale. Perchè l’omoquadro o l’omoscultura non offendessero i nostri occhi innocenti. Roba da regime. Ma persino quel regime conosciuto dall’Italia era più libero di testa (almeno in certi anni) della «continente» (altra definizione di Sgarbi) suor Letizia. Ha avuto ragione l’assessore: se censura deve essere, lo sia fino in fondo e quindi si chiuda la mostra.
La figuraccia è clamorosa. Che a dettare legge siano i pruriti del sindaco e di alcuni dei suoi mette i brividi. Una mostra si espone per definizione alla critica di chi vuole criticare: lasciatela vedere, solo così si potrà conoscere di che arte si tratta e se si tratta, eventualmente, di una schifezza. Ma la libertà a chi si esprime per via artistica bisogna pur lasciarla: intollerabile comprimerla o cancellarla per opportunismi politico-moralistici.
Pare che, secondo il racconto di Sgarbi, persino Berlusconi si sia dato da fare per convincere in altro senso la signora Moratti che lui stesso aveva benedetto sindaco. Senza riuscire a smuoverla. Così racconta lo stesso Berlusconi allo stesso Sgarbi e non c’è da credergli. Si sa che a contar balle l’ex premier non ha rivali. Ma che importa... Importa quest’altra prova del livello bassissimo su cui si è adagiata questa Milano. Neanche Albertini, il predecessore, avrebbe osato tanto. La signora continua imperterrita a non combinare nulla dove dovrebbe (tanto per dire: dal traffico all’inquinamento), nel provocare a vanvera (vedi le sue marce per la sicurezza), nell’elargire mance agli amici sotto specie di collaborazioni e nel ficcare il naso dove non dovrebbe. Oltretutto non si accontenta d’annusare una città che puzza di smog dalla mattina alla sera. Decide quando proprio dovrebbe lasciare decidere in pace gli altri. Tra i quali i visitatori di una mostra.
«Dimettermi? No, mi diverto sempre più». Ha ragione Sgarbi. Ma a noi, milanesi, non negateci l’amarezza e la vergogna.