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Alberto Biraghi
Il ponte della città senza le parole

La serata è calda e per la città si respira umidità ed euforia.
C’è attesa per il passaggio lungo il Canal Grande dell’arco principale del ponte di Calatrava. Sabato e domenica prossimi verrà issato ad unire le rive del canale tra la stazione e Piazzale Roma.
Per una volta, i pochi rimasti in città abbandonano l’indolenza estiva del tirar tardi in campo davanti a uno spritz e si accalcano sulle rive per vedere lo scheletro preistorico lungo sessanta metri che passa adagiato su una chiatta spinta da un gigantesco rimorchiatore.
Il traffico del canale è completamente bloccato da ore e per il passaggio si deve sfruttare il momento in cui la marea è più bassa in modo sfilare sotto i ponti, in particolare quello di Rialto, su cui si favoleggia siano state stipulate assicurazioni milionarie dai proprietari dei negozi di souvenir.
C'è attesa e curiosità anche da parte di chi, come me, ha sempre creduto che questo ponte fosse un'opera inutile e troppo costosa. Ma vederlo passare fa piacere almeno per due ragioni: perché finalmente è stato realizzato (anche se non dobbiamo cantare vittoria troppo presto che deve ancora essere montato); perché ad opera conclusa, visto così, sembra proprio bello.
Il ponte passa tra la soddisfazione generale e il fiato sospeso in un silenzio scaramantico e, tra qualche isolato fischio di disapprovazione, tutto fila liscio.
Mentre il ponte scivola agile e sinuoso curva con precisione millimetrica tra le rive del canale mi accorgo che intorno è quasi tutto spento, vuoto, disabitato.
Di certo chi si gode di più questo passaggio sembrano essere gli operai della ditta di trasporti eccezionali seduti sul dorso rosso del ponte che, con soddisfazione, tra migliaia di flash controllano che tutto proceda per il meglio.
Quando il ponte arriva mi viene in mente che non ha ancora un nome perché la città non ha ancora saputo decidere come si dovrà chiamare. Per questo alcuni giornali locali nei giorni scorsi hanno lanciato una sorta di concorso rivolto ai lettori per trovare un nome da dare al ponte di Calatrava, il quarto ponte sul Canal Grande. Nei siti dei giornali tra le proposte sono piovuti molti insulti, prevedibili e anche in parte comprensibili, visti i ritardi e i costi di quest'opera.
Alle tre e un quarto di notte il ponte arriva davanti alla ferrovia, viene ormeggiato alla riva e l'operazione di trasporto si conclude al suono di una sirena. Gli ultimi resistenti se ne vanno a dormire in questa città semivuota, ingrassata dal turismo, abitata ormai da una piccola comunità confusa e afasica che non sa più dare un nome alle proprie cose.
di
Marta Meo