Vedi alla parola democratico

Il processo di formazione del nascente partito democratico, oltre a porre un lungo elenco di problemi alle forze che intendono costituirlo, pone problemi intrinseci di senso e di trasmutazione semantica. Per esempio: solo pochi anni fa, la richiesta di azioni penali contro una categoria sociale come quella dei lavavetri, sarebbe stata considerata illico et immediate un provvedimento antidemocratico. Oggi questa istanza politica proviene da una parte dei futuri democratici con il consenso di alcuni moderati schierati a destra e il dissenso di democratici schierati a sinistra. Un tema sensibile, di grande rilevanza popolare come questo e altri consimili, come il tema della riduzione delle tasse, l’abolizione e per lo meno la riduzione sufficientemente dimostrativa dell’Ici, sembrano motivare una parte dei futuri democratici ad avvicinarsi ai cavalli di battaglia dei moderati senza precisare i contesti politico-economici di riferimento.
In tal guisa le differenze fra democratici e moderati si attenuano e a molti potrebbe venire il sospetto che - se con un colpo di bacchetta magica si potesse pensionare il grande ingombro costituito dall’anomalia politico istituzionale di Berlusconi condito dal pittoresco ribellismo nazistoide di certa lega hooligan e da nostalgie fasciste strapaesane - si porrebbe in atto il progetto più o meno consapevole di consegnare il futuro politico dell’Italia deideologizzata ad un centrone diviso in due tronconi virtuali per pure ragioni di convenienza dei manovratori. Se ciò accadesse, la parola democratico perderebbe il suo significato più bello e i non più giovani, ripensando al tempi più cupi del consociativismo, sospirerebbero nostalgicamente. Il partito democratico diverrebbe una penosa caricatura di se stesso, come capita agli ultraottantenni liftati che sembrano il clone mummificato della propria gioventù. Le forze del costituendo partito democratico in nuce, hanno dato una pessima prova di sé sulla questione della laicità dello stato, che per qualsiasi «partito democratico» dovrebbe essere self evident, non riuscendo neppure a varare gli innocui Dico, malgrado l’encomiabile e generoso lavoro congiunto dei ministri Bindi e Pollastrini a cui va tutta la mia affettuosa solidarietà. La parola democratico è una parola forte, è uno scoppio, non una lagna. Pensate ad Al Gore, sfogliate il suo ultimo libro. Sulla questione del futuro del pianeta le sue posizioni sono estreme. Leggete le parole di Brzezinski, ex consigliere alla sicurezza nazionale statunitense sulla guerra in Iraq. Ascoltate le opinioni di Jimmy Carter sul conflitto israelo-palestinese, confrontate le sferzate di certi opinionisti liberal Usa sulla cricca di Bush, con il pavido «understatement» di certi nostri politici aspiranti democratici. È ora di cominciare a chiederci: «ma per il democratico Al Gore ci sarebbe un seggio al parlamento nel Pd italiano?». Io non ne sono sicuro, ma spero di sbagliarmi. Il democratico può essere liberale, meglio se liberal, può e deve avere il culto della legalità senza trascorrere nel delirio sicuritario, deve sapere ascoltare le ragioni argomentate dell’avversario, è chiamato a praticare le vie della mediazione, ma non può rinunciare ad essere estremista su alcune questioni di principio: ruolo dell’istituzione e dell’istruzione pubblica, giustizia sociale, diritti e dignità sociali ed individuali per tutti, italiani e stranieri, piena sicurezza e salute sul lavoro, tutela dei ceti deboli, rifiuto della guerra e della pena di morte. Se non è intransigente su simili questioni, allora smetta di specchiarsi nello specchio conformista delle parole autoreferenziali e vada a dare un’occhiata al suo personale ritratto di Dorian Grey. Ci scoprirà il moderato liftato che senza avvedersene ha coltivato nella sua anima.
di
Moni Ovadia
fonte: l'Unità