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Alberto Biraghi
Laicità e miei amici nel Piddì

La notizia
dell'uscita di Odifreddi dai ranghi del Piddìper violata laicità è una boccata d'ossigeno per chi considera la laicità come principio non negoziabile per un paese democratico. Lo è - a maggior ragione - dopo il discorso di Veltroni ai "cattolici del Piddì". Da tempo il centrosinistra accetta sempre più passivamente le ingerenze della Chiesa nella vita politica. Una escalation teodem culminata con la
«rilevanza nella sfera pubblica, e non solo privata, delle religioni», una dichiarazione di intenti che non lascia dubbi sulla deriva teocratica che il segretario ha in mente per prendere il potere.
Dopo una vita da elettore di PCI/PDS/DS/Ulivo eccetera sono seriamente (e tristemente) intenzionato ad annullare la scheda elettorale. Non intendo legittimare col mio voto l'assemblaggio illegittimo di un parlamento fatto all'80% da due persone (peraltro in combutta col Vaticano), ma soprattutto non trovo in alcuno schieramento una dichiarazione di laicità senza compromessi, fermo restando il sacrosanto (appunto) diritto di ognuno a pensarla come gli pare sulle cose celesti.
Penso agli amici coinvolti a vario titolo nel Piddì (Davide, Ivan, Lele, Marco, Marella, Maria, Marta, Pippo e tanti altri) che so essere - come me, come Odifreddi e come la Costituzione italiana - convinti sostenitori della laicità. Mi chiedo come sia possibile per loro acettare l'invasività della Chiesa nella cosa pubblica, restando in una compagine che ormai la considera quasi un elemento del programma. Non mi sfugge la necessità di trovare consenso per battere la destra, non condivido il pensiero di poter cambiare "da dentro" (luogocomunismo), ma mi sforzo di rispettarlo. Però, perdiana, la realpolitik non può essere applicata sempre a 360 gradi. Davvero qualcuno ancora crede in buona fede di poter sostenere la laicità in un partito che laico non è e fa dell'alleanza con la Chiesa un principio sostanziale delle proprie politiche?
di
alberto biraghi